Implicazioni pedagogiche della Riforma Moratti

Paola Cagliari, Cattolica 6 febbraio 2003 -  Parma 29 febbraio 2003

Appunti di Paola Strozzi

Cattolica, 6 febbraio 2003

Tentativo di offrire una lettura orientata e parziale, un’interpretazione della riforma Moratti partendo ed esplicitando un possibile punto di vista, con uno sguardo particolare alla prima infanzia e alla scuola elementare.

Comunicazione parziale perchè una lettura pedagogica non può che essere di parte.

Di parte perchè parte da riferimenti valoriali, da significati che fanno riferimento ai propri saperi e alle proprie scelte teoriche ed organizzative.

Ma se è di parte allora è tanto più importante discutere dei diversi punti di vista perchè è nel confronto che maturano, si confermano o si sconfermano ipotesi e giudizi.

Il testo della riforma si presenta come molto ampio e articolato, poche persone forse ne conoscono, a questo punto del percorso, tutti gli aspetti.

I documenti a cui dobbiamo fare riferimento infatti sono molti. Non solo il testo della legge delega, fatto di pochi articoli, ma anche le Indicazioni (prescrittive) Le Raccomandazioni (riferimenti) I Modelli organizzativi e il Profilo dello studente al termine del percorso dell’obbligo dopo la terza media.

I Modelli organizzativi risultano più dettagliati per la scuola materna, mentre per gli altri ordini di scuola sono previste ad oggi solo le Indicazioni.

La cornice orienativa della nostra esperienza è quella di una pedagogia democratica attiva (Dewey, Lodi, Ciari,.....) Facciamo riferimento a teorie costruttiviste e sociocostruttiviste della conoscenza (Bruner).

La riforma non parte un’idea di questo genere. I documenti pubblicati non offrono un quadro organico e complessivo della riforma. Questo quadro viene lasciato al lettore, cosa che complica notevolmente la letttura degli stessi.

Altri documenti come il volumetto pubblicitario: “Una scuola per crescere” risultavano molto più chiari a proposito. Quindi non è che manchi la capacità di fare chiarezza. Perchè un chiaro quadro valoriale non è stato incluso nei documenti della riforma? La cornice valoriale della riforma si trova splalmata su tre documenti: Testo della legge delega, Testo- contesto della legge... e Profilo personale educativo dello studente.

Valori che ispirano la legge Moratti:

1. Crescita e valorizzazione della persona

2. Rispetto dei ritmi e dell’identità del bambino e della famiglia

3. Apprendimento per tutta la vita

4. Pari opportunità ad arrivare

5. Formazione spirituale e morale

6. Assicurare il diritto all’istruzione per 12 anni (sparisce il conceto di obbligatorietà).

Il Sistema educativo su realizza attraverso l’intervento dello Stato, delle Regioni e degli Istituiti scolastici.

Gli istituti scolastici, organizzativamente,  devono fare riferimento a:

1, Prescrittività ed autonomia.

2. Un’organizzazione non più centrata sulla classe, ma su tipologie organizzative più fleessibili.

3. Personalizzazione.

Rispetto al Profilo educativo personale e professionale dello studente:

1.Pari dignità di tutti i livelli scolastici sul piano dell’istruzione.

2. Ad ogni livello viene richiesto di stimolare le potenzialità di ciascuno al fine di realizzare un apprendimento migliore e più individualizzato.

3. Sviluppo armonico sia per i bambini portatori di handicap sia per i bambini “eccellenti” nel senso di non rinunciare alla possibilità di sviluppare ulteriormente l’eccellenza.

Quali erano alcune delle zone-problema individuate dalla precedente legge Berlinguer in seguito richiamate anche dal documento Bertagna?

1. Discontinuità del percorso educativo,  discontinuità nei momenti di passaggio laddove un’analisi dell’OCSE sottolineava sottolineava in Italia una eccelenza delle ascuola materna ed elementare, non della media.

2. Necessità di un aggiornamento del programma che prevedeva ripetitività e rindondanza. Più profondità, meno ripetizione.

3. Bisogno-diritto di percorsi formativi lunghi, in grado di sviluppare in modo armonico la propria personalità.

Quale la risposta offerta dalla riforma Moratti? Quali cambiamenti suggerisce?

1. Rispetto all’architettura dell’intero sistema scolastico c’è una forte e ulteriore suddivisione in annualità e bienni. Questi segmenti rappresentano unità di tempi di apprendimento perchè al termine di ognuno è prevista la possibilità di una valutazione selettiva (bocciatura, da valutare in sede di consiglio docenti, ecc.)

2. Una architettura che, a grandi linee, è quella di prima con l’aggiunta della novità dell’anticipo scolastico come soluzione per arrrivare prima al diploma o alla laurea. Quello dell’arrivare entro i 18 anni al diploma è un problema che avevano affrontato sia il ministro Lombardi che Berlinguer proponendo soluzioni diverse.

Sotto l’idea di anticipo ci stanno considerazioni che non devono essere considerate con leggerezza. Per esempio la possibilità di dare una risposta scolastica a bambini in età da nido, là dove nidi non ci sono. (oggi il 5% in Italia ).

Nessuna teoria nè pedagogica, nè psicologica può avvalorare oggi l’idea che i bambini a 5 anni e mezzo non possono andare a scuola, anche perchè le più recenti scoperte delle neuroscienze ci dicono che non possiamo dire che c’è un’età giusta per. Ci dicono invece che ci sono molti e diversi livelli e modalità di apprendere.

Questa proposta di anticipo però non è chiara, è spuria. C’è chi deve iniziare la scuola, chi può farlo e chi può non farlo.

Questo porta alla possibilità di avere, nella stessa classe, bambini con una differenza di età variabile in 20 mesi.

3. Concetto di Opzionalità affidato alla famiglia. La famiglia viene a definirsi come fruitrice di un “servizio a domanda individuale”. La famiglia consuma il servizio che giudica più confacente al suo stile di vita. Siamo di fronte ad una proposta di supermercato dell’educazione. Viene a mancare completamente l’idea, che per noi è anche un valore forte, di scuola come luogo di partecipazione, come luogo di costruzione di un diritto colletttivo. Non avremmo più una scuola che, idealmente e nelle pratiche, si costruisce attraverso un progetto collettivo che si occupa non solo del singolo caso, ma si preoccupa per migliorare la qualità di vita, di studio e di apprendimento di una comunità.

L’idea di opzionalità va nella direzione di cercare e mettere in campo offerte plurime per soddisfare bisogni individuali non per una qualità migliore per tutti.

4. Come si profila la professionalità docente in una scuola di questo genere? Perchè il problema della sparizione del concetto di “diritto collettivo” all’istruzione non riguarda solo l’anticipo, ma tutta la fisionomia della scuola che si va a costruire.

La proposta di anticipare l’eà di ingresso dei bambini nella scuola dell’infanzia si accompagna con l’abbassamento del numero dei bambini per sezione e l’inserimento di figure professionali diverse.

Nella scuola elementare i bambini vengono affidati ad un insegnante tutor. Scompare la compresenza tra con-titolari, cor-responsabili della classe. Compresenza che, sicuramente era poca,  ma rappresentatva comunque un valore anche di tipo educativo.

Nel documento “Modelli organizzativi” si scopre un approccio organizzativo fondante: Il tutor può scegliere la metodologia di insegnamento frontale o, per alcune ore e solo in relazione ai bambini del suo gruppo, quella laboratoriale. Il rischio è che un bambino di 5 anni e mezzo in prima classe si trovi a frequentare una prevalenza di ore frontali (quindi a grande gruppo).

Le Indicazioni (prescrittive) prevedono l’introduzione fin dalla prima classe delle discipline che saranno le stesse fino alla terza media.

Gli obiettivi specifici sono articolati già nella prima classe in contesti (specificati slla parte sinistra del documento) e metodologie (a destra).

Sono tanti e se già era presente prima un problema di accumulo, ora questo è aggravato.

Nel programma di italiano ad esempio già alla fine del primo anno si chiede di acquisire tutte le abilità del leggere e dello scrivere. es: Scrivere semplici testi relativi al proprio vissuto.

I bambini producono semplici testi anche nella scuola dell’infanzia (es. i messaggi) con invenzione e creazione, e questo perchè i bambini non sono governati da livelli di sviluppo predittivi. Il problema è che poi nella scuola queste abilità saranno prescrittive; non si possono selezionare e alla fine del primo anno è prevista la possibilità di un primo sbarramento valutativo (e in caso di decisione a fermare il bambino potrà sempre essere invocato il fatto che comunque era un bambino immaturamente anticipto!).

Non vengono consentiti ai bambini tempi lunghi per maturare tutto questo. Il progetto (che riguarderà anche altre generazioni di insegnanti oltre noi) apre a queste possibilità e criticità.

Perchè anticipare?

L’apprendimento, la costruzione delle competenze richiede tempo, contesti attivi, non lin modo esclusivo o prevalente lezioni frontali. Richiede la costruzione di contesti di significato. Le abilità si possono allenare, la competenza va oltre perchè riguarda la capacità di mettere in relazione abilità diverse.

Ai bambini occorrono contesti di gruppo, di dialogo, di ricerca che devono essere attivati per produrre conoscenza e competenze.

Quella che la riforma Moratti prospetta è una scuola che sottrae tempo ai bambini e agli insegnanti.

Per la prima volta vengono proposti alla scuola dll’infanzia degli orienatmenti prescrittivi. Quelli del 90 infatti si proponevano come quadri di riferimento, che rimangono nelle raccomandazioni (facoltative). Le indicazioni per la scuola dell’infanzia (prescrittive) invece sono costruite come quelle degli altri livelli scolastici e propongono obiettivi prescrittivi al termine del percorso prescolastico.

Anche la valutazione viene formalizzata a partire dalla scuola dell’infanzia.

Una valutazione che viene proposta come utile per “diagnosticare” i livelli di partenza (la scelata dei termini non può essere casuale. La parola diagnosi porta con sè il concetto di cura).

Il Portfolio sarà lo strumento che assumerà un significato particolare nella scuola dell’infanzia.

La valutazione è prevista anche come strumento per l’organizzazione di gruppi di livello di recupero e di rinforzo (LARSA).

Noi abbiamo costruito una cultura educativa che fa del gruppo un elemento centrale di crescita e di apprendimento. Gruppo come forum, scuola come forum.

Il concetto di individuo e di identità individuale è  importante in educazione, ma come concetto che si costruisce non in percorsi esclusivamente individuali quanto piuttosto dentro ad un concetto ed una pratica di gruppo. L’ abilità a costruire ipotesi e teorie si amplia con il contributo del gruppo. Sparisce anche il gruppo-classe perchè l’organizzazione della scuola viene centrata sulle persone. C’è una centrazione sulle abilità piuttosto che sulle competenze.

Per ogni bambino dovrà essere costruito un percorso individualizzato.

Cosa significa nella scuola avere un tutor che “entra in contatto” con i bambini, mentre l’insegnante di laboratorio non “entra in contatto”? Cosa significa il fatto che la valutazione individuale del bambino sia affidata solo all’insegnante tutor?

L’insegnante di laboratorio così epurato da contatti e valutazioni porta con sè un’idea di “esperto” che non appartiene alla scuola, che lavora a volte solo con gruppi di bambini, a volte in compresenza con altri adulti in alternativa alla lezione frontale.

Insegnante tutor-tuttologo contro insegnnate “specialista”.

Manca la contitolarità sia nella scuola dell’infanzia che in quella elementare.

Le parole che ci sono o che mancano in questa riforma  ci sono o mancano non a caso, ma per un motivo.

Manca la parola strategia. Troviamo la parola esercizio, esercizio personale, rinforzo.

C’è la parola insegnamento strettamente legata al concetto di apprendimento. Emerge un’idea di conoscenza espressa dai saperi disciplinari. Enfasi sulla formazione spirutuale e religiosa e sulla disciplina la cui valutazione concorre a definire il passaggio o meno alla classe successiva.

Parma, 29 febbraio 2003

Autopresentazione per introdurre le proprie valutazioni dentro una cornice di valori che condividiamo con altre esperienze.

Oggi si dice che dibattere sui valori è ideologico, in realtà non c’è niente di più pratico di una buona teoria connessa a valori che ci orientano. Vogliamo anche poter parlare di valori.

La riforma è un tema complesso, ance il tema di stasera che è quello dell’anticipo è un tema complesso come hanno testimoniato le relazioni precedenti (prof. Corsano, psicologa università di Parma e Sandra Benedetti funzionario Regione Emilia Romagna).

Credo che non ci sia nessuna teoria pedagogica o psicologica in grado di avvalorare, da sola, la tesi che i bambini non possono entrare a 2 anni e mezzo nella scuola dell’infanzia e a 5 anni e mezzo nella scuola elementare.

Nella nostra esperienza, suffragati dai dati che ci arrivano dalle neuroscienze e dalle ricerche psicologiche non abbiamo mai creduto che capacità e competenze sianoi riconducibili a tappe predefinite e uguali per tutti. Crediamo invece che un bambino cresca a seconda dei suoi tempi e dei suoi ritmi individuali, i suoi modi e con uno sviluppo che non è sempre rivolto avanti, ma che ha delle pause, delle soste, strategie diverse di apprendimento compresenti. (La relatrice precedente parlava di tempi di vuoto necessari al bambino per sedimentare, conoscersi,ecc.).

Crediamo però che il bambino sia un attivo costruttore della sua conoscenza, della sua identità insieme con gli altri. Questo crediamo debba essere un valore e un riferimento per la scuola.

Allora se nessuna teoria psicologica e pedagogica di per sè e da sola può giustificare una architettura scolastica significa che vanno sempre tenuti intrecciati gli aspetti psicologici, pedagogici educativi con i piani politici, culturali e istituzionali. Non si possono mai scindere questi aspetti.

Per questo il demerito di questa legge non riguarda solo la procedura (decreto legge richiamato da Sandra Benedetti). Il problema sostanziale riguarda i contenuti e le proposte che fa.

Partiamo da alcune questioni poste in questi giorni dalla stampa:

- Rispetto all’anticipo alcuni sostengono che servirebbe per dare un posto a quei bambini che attualmente non hanno la possibilità di frequentare il nido. Un obiettivo assolutamente condivisibile. Nella nostra città dal 97 ad oggi abbiamo aumentato di quasi 700 posti l’offerta ai bambini piccoli e di scuola. C’è la proposta di aumentare i posti disponibili di altri 300 nei prossimi 2 anni. Però con la gente bisogna essere onesti e non confondere le idee.

La necessità di avere più posti scuola in alcune città come la nostra è dato da un incremento demografico, ma in moltissime città d’Italia questo bisogno è dato da un non utilizzo delle risoprse e dei fondi stanziati che c’erano per lo sviluppo dei nidi.

In questa otytica l’anticipo alla scuola dell’infanzia e alla scuola elementare offre solo un’escamotage per far fronte a problemi non affronatti prima con possibili scelte diverse.

-L’anticipo non può essere venduto come una offerta di “più scuola” di fatto, purtroppo sarà un’offerta di meno scuola. Perchè i nidi vedrano indebolita una loro già fragile identità, e questo già aprendo, anche nella nostra Regione, a forme sostitutive a questo luogo così importante per i bambini, sostituendolo con forme prevalentemente custodialistiche.

Ciò che si prospetta è quindi la diminuzione di luoghi che la società civile progetta per i bambini, li costruisce e ci dialoga all’interno.

Significa perdere il riconoscimento del diritto di cittadinaza dei bambini più piccoli, verranno ricacciati nel ruolo di problema. Problema individuale delle famiglie,  problema che si può risolvere con soluzioni del più vario genere. Anche la nostra Regione ad es. ha previsto la realizzazione di nidi in appartamento, che secondo noi accedono a questa qualità.

La scuola dell’infanzia, con l’ingresso di bambini più piccoli dovrà ridurre l’offerta di posti.

Quindi l’anticipo non dà più scuola. Anticipa dei percorsi di scolarizzazione, di alfabetizzazione formalizzata, di processi di insegnamento e di istruzione.

- Un’altra motivazione a sostegno dell’anticipo viene giocata sull’idea di bambino competente.

Un concetto forte,  cui affidiamo un nuovo modo di guardare al bambino, una sua valorizzazione, una costruzione di una relazione più simmetrica tra adulto e bambino nell’ascolto e nell’educazione reciproca.

La proposta dell’anticipo invece contiene l’idea che i bambini sono più competenti perchè più stimolati, sanno tante cose, sono più svegli, esibiscono prima alcune performances, ecc.

Però la Riforma  dice che alcuni sono più svegli di un tempo, altri meno. Quindi si dà la possibilità di scelta di quando entrare nella scuola dell’infanzia e in quella primaria con un malinteso senso di rispetto delle differenze individuali.

Malinteso perchè tende a mettere insieme gli uguali.

Non facciamoci ingannare, la scelta dell’anticipo si basa su altre ragioni che sono di natura politica, sociale e culturale.

Prima di tutto l’opzione. Cosa consente questo principio? Cosente di translare all’interno della scuola il conceto di “Sussidiarietà” che è il nuovo concetto che norma le relazioni tra il cittadino e lo Stato superando lo Stato del Welfare.

Sussidiarietà significa che i cittadini sono i responsabili primi e unici della soddisfazione dei loro bisogni. Lo Stato deve farsi garante del fatto che nella società ci sia un’erogazione di servizi vari sufficenti in modo tale che io cittadino posso scegliere e fare il mio percorso. Questo però definisce il contesto sociale non più come un luogo di solidarietà e coesione che organizza le sue risorse, legge le potenzialità per costruire un progetto capace di includere di mettere in dialogo, di valorizzare le differenze di tutti e per tutti. Ma si profila un contesto sociale che è un mercato, il più possibile ricco di offerte plurime.

Dipende poi dalla imprenditorialità di ognuno di noi, quindi dalla nostar capacità di scelta, dalle nostre possibilità economiche, il percorso che i nostri figli potranno fare. Quindi sta cambiando molto il concetto di società e di comunità.

Con l’opzionalità questo concetto si transla sulla scuola. La scuola si preoccupa che ci siano molte possibilità, la famiglia e il bambino devono essere abili imprenditori di se stessi.

Le classi, le famiglie, i bambini più deboli, più sprovvisti culturalmente ed economicamente sono causa del loro svantaggio e se lo tengono perchè non sono buoni imprenditori.

Quindi non è vero che questa proposta di legge è fatta in nome del bambino competente, perchè possano esplicare le proprie possibilità.

I bambini piccoli sono solo l’anello più debole sul quale si può giocar al ribasso senza troppo ripercussioni. E su questo purtroppo dobbiamo farci un “mea culpa” anche noi che lavoriamo nei servizi educativi perchè troppo spesso non abbiamo abbastanza reso visibile un’immagine forte dell’infanzia. Un’immagine sociale e culturale dell’infanzia. Troppo spesso anche nei nidi abbiamo rinchiuso l’infanzia dentro un’immagine di debolezza, di bisogno e di dipendenza, Questo attraverso scelte teoriche, ma anche attraverso scelte organizzative e didattiche.

L’opzionalità porta dentro l’idea di una famiglia che consuma un servizio, piuttosto che l’idea di una famiglia che partecipa nella costruzione di un servizio migliore per tutti, a parttire dalle risorse e dalle differenze.

L’opzionalità renderà molto difficile dentro le istituzioni il mantenimento delle situazionio organizzative. La dimensione della sezione, del gruppo insieme per tre anni nella scuola dell’infanzia. Il gruppo nel nido. Saranno resi più difficili da questa scelta introdotta.

- Ho letto inoltre sui giornali che l’anticipo può essere considerato una buona occasione per incrementare il rapporto tra nido e materna. Mi pare veramente bizzarro affidare all’anticipo la produzione di questa possibilità. L’esperienza per i servizi della prima infanzia che è partita nella nostra Regione come esperienza educativa per gli 0-6, oggi si è mantenuta tale purtroppo solo nella nostra città, a Reggio Emilia.

Abbiamo strutture in continuità, lo stesso coordinamento pedagogico, gli stessi riferimenti progettuali, stessi uffici amministartivi, fino ad oggi abbiamo tenuto vicini i contratti di lavoro delle insegnanti per poter favorire anche il passaggio delle stesse da un luogo all’altro.

Le famiglie e i bambini percepiscono questa continuità per i 6,5,3 anni che trascorrono nelle istituzioni per la prima infanzia.

Tutte le altre città in Italia, che io sappia, hanno scelto delle organizzazioni separate, differenziando in questo modo molto le identità dei due servizi.

La Riforma affida l’avvicinamento dei due servizi al prestito professionale di insegnanti del nido alla scuola.

Vorrei adesso entrare di più, attraverso le Indicazioni e le Raccomandazioni, su cosa offre la scuola riformata ai bambini che entrano a 2 anni e mezzo nella scuola dell’infanzia e a 5 anni e mezzo in quella elementare.

La stampa sottolinea quanto, per giudicare la sperimentazione in corso, sia importante valutare il benessere dei bambini e delle famiglie. Questo è certamente importante ma benessere e soddisfazione attuale non può essere l’unico criterio di valutazione che fa decidere se una cosa funziona o meno. Occorre guardar più complessivamente il progetto che si va ad offrire alle famiglie e ai bambini.

Vediamo cosa succede nella scuola dell’infanzia.

La riforma prevede un adeguamento dei rapporti numerici adulti e bambini per avvicinare l’organizzazione del nido a quello della scuola dell’infanzia. Mi pare venga definito il rapporto

1 : 10. E i prestiti professionali. Però l’organizzazione del nido e quella della scuola dell’infanzia sono molto diverse. Soprattutto se pensiamo all’organizzazione della scuola dell’infanzia statale, che non è la nostra, ma che rispecchia quella della maggior parte delle scuole dell’infanzia comunali in Italia.

La scuola dell’infanzia prevede sezioni fino a 28 bambini con due insegnanti che fanno 5 ore giornaliere, sono previste per coprire 10 ore di servizio. Se le ore di servizio sono 8, come succede nella maggior parte delle scuole statali,  ci salta fuori la compresenza di 2 ore, Se il servizio non è solo antimeridiano è prevista solo un’insegnante con i 28 bambini.

Quindi non sono veramente 2 con il gruppo dei 28. Anche con un prestito professionale i rapporti adulto-bambini non saranno neppure paragonabili a quelli presenti attualmente nel nido. Noi ad esempio nella sezione dei 2 anni e mezzo abbiamo tre insegnanti con 24 bambini con lunghi tempi di compresenza lungo tutto l’arco della mattina.

Entriamo ancora di più nell’identità della scuola riformata.

Per la prima volta da quando è nata, le vengono affidate delle Indicazioni prescrittive. Gli Orientamenti sono opportunamente rivisitati, non si sa da chi, e accompagnati dalle Raccomandazioni che non sono prescrittive.

Per la prima voilta la scuoal dell’infanzia ha Indicazioni nazionali che indicano (testuale) “i livelli essenziali di prestazione a cui tutte le scuole d’infanzia del sistema nazionale dell’istruzione sono tenute per garantire il diritto personale, sociale e civile alla istruzione e alla formazione di qualità”.

Le Indicazioni esplicitano degli obietivi specifici di apprendimento che i bambini devono perseguire e conseguire.

Non mi sembrava che la cultura dei servizi per la prima infanzia fosse così basso in Italia da  richiedere una normatività di questo livello, tanto che osservatori OCSE avevano riconosciuto alla scuola dell’infanzia italiana un livello di eccellenza.

Questa prescrittività va messa in rela zione all’obbligo di produrre, a partire adalla scuola dell’infanzia, quindi dai 2 anni e mezzo un Portfolio individuale delle competenze.

Il Porfolio è la documentazione da cui si possono desumere e valutare le risorse, i modi, i tempi dell’apprendimento, le idee, le attitudini e le aspirazioni personali del bambino.

A noi sembra che mettendo insieme la definizione di obiettivi specifici di apprendimento  e l’uso del porfolio a tutti i livelli scolastici, si introduca a livelo della scuola dell’infanzia, una valutazione formalizzata forte, Non è un caso che si dica che occorre ricorrere al Portfolio nel momento di decidere se anticipare o meno l’ingresso del bambino alla scuola elementare.

Altre suggestioni preoccupanti.

Nelle raccomandazioni si suggeriscono alcune situazioni utili per diagnosticare i livelli di partenza dei bambini di 2 anni e mezzo.

Non è per fare la punta allo spillo, ma nei documenti di questa natura i termini che vengono usati hanno un certo peso e rilievo.

Il tema della valutazione nella scuola dell’infanzia compare anche nelle proposte organizzative dove si parla di grande gruppo per attività comunitarie di routine, e di piccolo  gruppo per una ....di individualizzazione, ma anche per gruppi di livello, dai 2 anni e mezzo “assai funzionali ad attività di recupero e di rinforzo”.

Credo che i bambini da 0 a 6 anni non abbiano bisogno di insegnanti tesi a recuperare e a rinforzare. O dall’altra a “specializzare o allenare le competenze e le abilità in cui eccellono”.

Credo che i bambini abbiano bisogno di insegnanti che sappiano creare situazioni perchè i bambini dispieghino le loro potenzialità in tutti i campi del sapere, si incuriosiscano, traffichino, sperimentino, trovino delle solidarietà, delle complicità che rientrano nelle loro possibilità. Questo mentre incontrano anche i loro limiti, mentre acquisiscono fiducia in sè, mentre acquisiscono la capacità di stare con gli altri con rispetto, imparano a fare insieme agli altri, a prendere dagli altri che sono diversi delle idee, delle argomentazioni, degli aiuti. Perc imparino a valorizzare quello che glia ltri sanno fare e a mettere a disposizione il loro sapere, Che imparino a discutere, a sbagliare, a progettare. Perchè abbiano i tempi del gioco, del confronto, del vuoto. Credo che l’impostazione di questa riforma non consenta questo.

Non basta un po’ di personale in più. Non bastano anche se sono importanti, degli ambienti progettati appositamente, e non di risulta, e già questo sarà un problema per le scuole. Non credo che sia sufficente questo perchè è la proposta educativa complessiva prevista dalla legge che non è adeguata.

Rapidissimamente sulla scuola elementare. Cosa troveranno i bambini di 5 anni e mezzo alla scuola elementare? Troveranno un insegnante se non unico, prevalente. La scomparsa della compresenza, anche se era poca, era preziosa, anche se non ci sono valutazioni sempre pari sull’esperienza dei moduli.  Va aggiunto che nella scuola non c’è un’impostazione di “cura pedagogica” delle riforme. Le riforme vengono fatte, ma non vengono curate pedagogicamente. E’ un problema dei singoli barcamenarsi tra le proposte, ecc.

La compresenza che era comunque tra co-titolari, cor-responsabili dei bambini viene sostituita dall’alternanza di momenti cospicui di classe con un’insegnante prevalente con alcuni laboratori.

I laboratori sono opzionali, diversi che costituiranno il percorso flessibile del bambino all’interno della scuola.

A questo va aggiunto, e si trova nei modelli organizzativi, che è a discrezione del tutor se scegliere esclusivamente l’insegnamento frontale, o anche, a volte, la metodologia laboratoriale, Il rischio è quindi che il bambino di 5 anni e mezzo, in prima classe possa avere una prevalenza di ore frontali di lavoro. I temi del vuoto, i tempi della costruzione delle competaenze e non dell’affinamento delle abilità..., nella lezione fronatle conosciamo la dinamica dei fatti.

Ancora le Indicazioni (prescrittive) prevedono l’introduzione fin dalla prima classe delle discipline.  12! Che saranno sempre le stesse fino al termine della scuola media.

Questo potrebbe rappresentare un elemento di valore nel senso che le discipline non nascono nel bambino ad una cera età, ma sono tutte presenti dentro l’esperienza e l’elaborazione dell’esperienza del bambino.

Però questo va associato al fatto che con la segmentazione del percorso scolastico: la prima, un biennio, un secondo biennio, il primo  sbarramento valutativo è alla fine della prima.

Con la sensibilità, la competenza che le insegnanti hanno oggi acquisito il profilarsi della bocciatura sia sicuramente molto remoto, ma ci dobbiamo chiedere se questo sarà vero anche per il futuro.  Nelle Indicazioni prescrittive per la scuola elementare ci sono delle richieste di apprendimento, guardatele, altissime. Ci sono delle competenze che oggi attribuiamo al bienni se non all’interso percorso della scuola elementare. Domani saranno nel primo anno con uno sbarramento valutativo.

Ancora e concludo. Ci chiediamo quale riflessione pedagogica ha accompagnato questa scelta? Quale messa in valore dell’esperienza fin qui maturata? Quale idea di bambino quale idea di competenza? Lo lascio al dibattito.

L’impressione è che questa proposta dell’anticipo abbia molte ragioni e molti riferimenti, ma che poco o niente hanno a che fare con il rispetto dei diritti dei bambini.