LA SCUOLA: QUALI PROSPETTIVE?



Il più grande rischio che corre la scuola pubblica italiana in questo difficile momento che essa attraversa è che smarrisca la certezza del proprio ruolo educativo e formativo.
Anche nei momenti di maggiore abbandono da parte delle istituzioni, essa ha conservato sempre la precisa coscienza di tale ruolo cercando, nell'alacre e poco riconosciuto lavoro dei suoi operatori, attraverso le innovazioni saggiamente autocontrollate, i motivi della sua sopravvivenza quantitativa e della sua capacità di proiezione qualitativa.
Oggi, va sfumandosi sempre più tale coscienza perché, in primo luogo, la determinazione e lo spirito di abnegazione di chi in essa lavora, senza distinzioni di responsabilità e di livelli, vengono messi a dura prova dall'aria di "controriforma" che si respira.

Il Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca il 18 luglio di quest'anno, ha illustrato alla Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei deputati le linee programmatiche del suo Dicastero. In primo luogo, ha elencato le cifre dell'Istruzione facendo discendere da ciò un giudizio sulla situazione ereditata dai governi del centro sinistra.
Quanto alle cifre, da tempo e non solo attraverso le recenti indagini OCSE richiamate, è noto che il livello alfabetico raggiunto dalla popolazione adulta in Italia è tra i più modesti in Europa, nonostante il basso rapporto docente-alunno, che è di 1 a 10, contro la media OCSE che è invece di 1 a 15; che il 40% di tale popolazione raggiunge un diploma di scuola secondaria, contro percentuali molto più alte dei principali paesi europei che superano addirittura il doppio in Germania; che meno del 50% degli studenti frequentanti le scuole superiori termina regolarmente gli studi, contro una media OCSE del 70%.
A questi dati se ne aggiungono altri riguardanti l'Istruzione universitaria, che non mutano il panorama, ma lo peggiorano ulteriormente.

Il Ministro della Pubblica Istruzione della passata legislatura partì proprio da questi dati per avviare un processo riformatore a tutto campo con l'obiettivo di risalire la china e di riaffermare ed attuare principi costituzionali rimasti solo scritti sulla carta. Il Ministro dell'Istruzione del primo governo della nuova legislatura parte dagli stessi dati per affermare senza mezzi termini: "La situazione che ereditiamo nella scuola, nell'università e nella ricerca registra ancora un peso burocratico ed opprimente dello Stato.".

Riferendo, poi, sui nuovi valori dei quali si sente portatrice, insieme alla maggioranza di destra, afferma: "Nell'istruzione, come in molti altri campi, lo Stato non può essere l'unico promotore del valore del capitale umano, né essere custode esclusivo dei patrimoni di competenze tecnico scientifiche.".

Più avanti, infine, afferma senza alcun velo, ma senz'altro con un eccesso di semplificazione, che la pari condizione tra le famiglie si deve concretizzare nella tutela del diritto a scegliere i percorsi educativi che ognuno ritiene più adeguati per sé e nella messa a punto di "un sistema integrato nelle sue componenti statali e non, per un reale passaggio dalla scuola di Stato alla scuola della società civile".

Il disegno che si intravede da queste dichiarazioni è quello, ormai evidente, della piena regionalizzazione del sistema d'Istruzione (solo rinviata all'autunno dalla recente discussione sulla devolution) con il conseguente e progressivo smantellamento della scuola pubblica italiana a favore di un sistema misto pubblico-privato che riserverà la scuola pubblica alle famiglie più disagiate e la scuola privata a quelle più facoltose.

Ciò che il governo ha già fatto in questi mesi è in perfetta sintonia con tale disegno: il varo del Decreto legge per il "regolare" avvio dell'anno scolastico, la sospensione della partenza della riforma dei cicli scolastici, prevista per il primo settembre di quest'anno, il Documento di programmazione economica e finanziaria che non tiene in alcun conto dell'impegno assunto in sede di ultimo rinnovo contrattuale, recepito dalla Legge Finanziaria 2001, circa il raggiungimento dell'obiettivo dell'allineamento degli stipendi degli insegnanti alle retribuzioni standard europee.

Il primo provvedimento rompe il delicato equilibrio raggiunto faticosamente con la legge n° 124 del 3 maggio 1999 nel variegato mondo dei precari. In esso si evidenzia nettamente il concreto pericolo, per i docenti precari con servizio svolto nelle scuole pubbliche e per altre categorie di precari, di vedersi scavalcati nelle graduatorie permanenti di assunzione, appena definite, dai docenti delle scuole private, assunti in maniera discrezionale dai gestori delle stesse. Si evidenzia, altresì, una grande confusione nella procedura per la stipulazione dei contratti a tempo determinato da parte dei Dirigenti scolastici, che si troveranno, dopo il 31 agosto, ad attingere contemporaneamente dalla stessa graduatoria per coprire le vacanze di organico. Sono, infine, presenti forti contraddizioni tra le misure indicate per l'adeguamento nel fatto dell'organico di diritto e le altre norme in materia di funzionamento delle classi, che potrebbero portare a situazioni singolari, se non assurde, con il funzionamento di fatto di classi con un numero troppo esiguo di alunni.

Vi è, poi, il pericolo, anch'esso concreto, che la legge di riforma del riordino dei cicli sia stravolta nel suo impianto, nei suoi contenuti e, purtroppo, anche nelle sue finalità, lasciando con oscure prospettive il processo di riforma avviato.
Vi è il pericolo per i lavoratori della scuola pubblica che il prossimo rinnovo contrattuale si orienti, più del necessario, solo sui problemi della ricorrente formazione degli insegnanti e della valorizzazione professionale degli stessi anziché a raggiungere l'obiettivo dell'allineamento delle retribuzioni a quelle standard europee.

Il nostro sistema d'Istruzione Pubblico aveva solo bisogno di un periodo di ordinato e sereno consolidamento dei percorsi di riforma già avviati e non di una inversione di rotta così radicale e dalle prospettive fumose e allarmanti.

Il nostro sistema può andare incontro, come dicevo in apertura, allo smarrimento della coscienza del proprio ruolo e con esso alla perdita della tensione ideale, sempre necessaria, per esercitarlo proficuamente in quanti in esso lavorano.

BRINDISI lì 5 agosto 2001
MARIO CAROLLA Dirigente Scolastico Seg. Prov.le CGIL Scuola

 

Riforme