20. LA LOTTA A CORFÙ 20.1. La prima fase dello scontro, 8-15 settembre A Corfù vi sono circa 4.000 soldati italiani. Il grosso è costituito dal 18° reggimento fanteria, appartenente alla divisione Acqui; vi sono inoltre una compagnia mitraglieri, un battaglione mortai, una compagnia cannoni, reparti di contraerea, carabinieri, guardia di finanza, genio, sussistenza, trasmissioni, sanità. La Marina è rappresentata da una flottiglia di dragamine. Vi è un distaccamento dell'Aeronautica in servizio all'aeroporto di Garitsa. Diversamente da Cefalonia, il comando italiano del colonnello Lusignani riesce a mantenere i collegamenti con l'Italia. Il giorno 11 riceve due telegrammi dal Comando tattico di Francavilla Fontana, in Puglia, in cui si chiede "Opponetevi con forza at qualsiasi tentativo sbarco reparti germanici", e "Provvedete immediata cattura elementi tedeschi considerandoli prigionieri di guerra", ambedue firmati dal generale Arisio. A Corfù, al momento dell'armistizio, vi sono pochi soldati tedeschi, non più di 450 uomini, secondo fonti italiane, ma secondo lo storico tedesco Schreiber anche meno, ovvero circa 100 specialisti dell'Aviazione militare, 30 uomini del Comando aeronautico di presidio e 20 militari del 313° battaglione di pionieri di marina. Questi soldati, fatti prigionieri dagli italiani dopo l'armistizio, saranno prelevati da navi britanniche il 23 settembre e, come prigionieri di guerra, internati, sembra, in Africa settentrionale. Le comunicazioni tra Corfù e i comandi tedeschi di Iannina e di Salonicco sono interrotti già dal giorno 8 settembre. L'11 settembre giunge sull'isola il capitano Spindler per intavolare trattative col colonnello Lusignani, comandante del 18° reggimento di fanteria della divisione Acqui, che rifiuta di cedere le armi, non avendo avuto disposizioni a riguardo dai propri superiori. Ugualmente infruttuosa si rivela la missione del maggiore Hirschfeld, che il giorno successivo riesce a raggiungere via mare Corfù, dopo essere stato costretto a tornare indietro col suo aereo per il fuoco della contraerea italiana. A sera Hirschfeld comunica che: "Il comandante, dallo stile asciutto e conciso, non assolutamente disposto a trattare. Lo stato maggiore orientato in modo totalmente ostile verso i tedeschi". Un ultimo tentativo per assumere pacificamente il controllo dell'isola è intrapreso il giorno 13, quando la richiesta di cedere le armi viene consegnata al superiore di settore di Lusignani, il generale Guido Della Bona, comandante del XXVI corpo d'armata italiano, che aveva deposto le armi già alle 18.00 del 9 settembre. Nel suo messaggio a Lusignani, Della Bona si esprime così: "Alle ore 18 del giorno 9 corrente ho in Giannina deposto le armi per evitare inutile spargimento di sangue. Il corpo d'armata è inviato in Albania per essere avviato in Italia. Ad evitare spargimento di sangue in Corfù potete se del caso regolarvi di conseguenza". Alle 7.00 del 13 settembre Hirschfeld torna di nuovo a Corfù, mentre un reparto da sbarco della 1^ divisione da montagna, su 13 imbarcazioni, si prepara a prendere terra, fidando sulla sorpresa, nei pressi del capoluogo. Alle 12.05 giunge però il comunicato del maggiore sul rifiuto di Lusignani di arrendersi; lo sbarco viene ugualmente tentato, con l'appoggio di nove bombardieri Ju 87. La risposta della difesa costiera italiana è però efficace. Un aereo e un mezzo da sbarco sono colpiti. Altri mezzi sono danneggiati. Alle 18.45 il reparto rientra a Igumenitza, ma è chiaro che le forze a disposizione non sono in grado di penetrare le difese italiane. Già la sera del 12, intanto, su richiesta dei rappresentanti dell'EAM, sono liberati i circa 500 detenuti politici rinchiusi nel campo di concentramento del Lazzaretto, molti sono vecchi dirigenti dei partiti antifascisti trasferiti dal continente. Il giorno 13 iniziano a sbarcare a Corfù, in vari gruppi, i soldati del terzo battaglione del 49° reggimento fanteria della divisione Parma, al comando del colonnello Bettini, provenienti da Porto Edda (Santi Quaranta), sul continente, in totale circa 1.000 uomini. I tentativi di sbarco tedeschi, sempre respinti, continuano il 14 e il 15, mentre quasi ogni giorno vi sono bombardamenti ad opera del X corpo aereo. Il generale Lanz, nonostante il colpo subito, decide di riprovare, con forze raddoppiate e dopo un massiccio intervento aereo sulle postazioni italiane avviato già nel corso della notte. L'attacco finale però è spostato di qualche giorno, la preparazione richiede più tempo, si pensa di fissare l'inizio dell'operazione per la notte tra il 16 e il 17, ma poi la data continua a scivolare in avanti, mentre da Cefalonia, dopo le prime confortanti comunicazioni di Barge, che ancora il 12 prevedeva una rapida soluzione della crisi, giungono notizie sempre più preoccupanti, in particolare con l'incidente del 13, quando due motozzattere tedesche, nel tentativo di sbarcare nei pressi di Argostoli, vengono fatte segno dai colpi delle artiglierie italiane. Una di queste viene affondata, l'altra danneggiata. Ma si tratta proprio di una parte dei mezzi che sarebbero stati utilizzati per lo sbarco a Corfù. Quando il 15 settembre le trattative con il generale Gandin giungono alla rottura, appare chiaro al comando tedesco che la priorità dell'azione si sposta su Cefalonia. Corfù può attendere. 20.2. I combattimenti sull'isola di Corfù Mentre la prima divisione da montagna tedesca è impegnata a Cefalonia, il Comando di corpo d'armata continua a predisporre i piani di attacco a Corfù. Dal generale Lanz giunge la conferma che "Il trattamento del presidio italiano di Corfù [va eseguito] secondo gli stessi punti di vista applicati nei confronti del presidio di Cefalonia". Nelle disposizioni ai soldati si preme soprattutto sul "tradimento italiano", giocando così sull'emotività dei reparti. Del resto l'operazione sarà proprio denominata "Tradimento". Lanz approva il piano di attacco il giorno 22, richiedendo in particolare l'intervento del X corpo aereo. Alle 13.00 del 23 settembre iniziano a Prevesa le operazioni di imbarco, al comando del capitano Dittmann, di un battaglione del 98° reggimento da montagna, di una sezione del 79° reggimento artiglieria da montagna, di una compagnia del 54° battaglione pionieri da montagna. Il gruppo principale, dopo aver effettuato delle manovre diversive per confondere la difesa italiana, raggiunge il suo obiettivo, la laguna di Corissia, sulla costa occidentale di Corfù, verso le ore 0.30 del 24. Poco dopo la testa di ponte è individuata dalla difesa italiana e fatta segno di tiri di artiglieria. Iniziano gli scontri a fuoco con reparti di fanteria italiana, mentre procedono gli sbarchi, nonostante il tiro dell'artiglieria italiana. Le batterie costiere vengono man mano eliminate. Entro le 4.00 i tedeschi hanno occupato le alture di Maltauna, che dominano l'intera zona, i reparti italiani si ritirano verso nord, negli scontri non si fanno prigionieri. Dopo le 5.00 inizia il rastrellamento del settore meridionale dell'isola; alcuni reparti italiani non danno segno di voler resistere, ma ad Argirades un gruppo ben organizzato prende di mira le due compagnie tedesche che stanno scendendo lungo la strada principale. L'intervento dell'aviazione mette a tacere ogni resistenza italiana: sul terreno rimangono 70 morti. Più a sud i soldati italiani sono sorpresi nei rifugi, dove cercano di proteggersi dagli attacchi aerei. Dopo ogni scontro non ci sono sopravvissuti. Qualche italiano diserta, del resto i tedeschi non lasciano alternative, chi si trova con le armi in mano viene eliminato. Verso sera il secondo battaglione del 98° reggimento cacciatori da montagna ha raggiunto completamente i suoi obiettivi: il controllo di tutta la sezione meridionale di Corfù, tre battaglioni italiani sono stati dissolti, con 500 soldati rimasti sul terreno; i prigionieri sono 1.500, considerati "disertori" dai tedeschi, e perciò non eliminati immediatamente. Il successo della prima fase delle operazioni permette ai tedeschi di completare rapidamente lo sbarco di un secondo gruppo, al comando del capitano Feser, comprendente i reparti rimasti a Igumenitsa del 99° cacciatori da montagna, oltre ad una sezione del 79° reggimento artiglieria da montagna. Le operazioni di sbarco si concludono però solo all'alba del giorno 25 settembre. Giungono sull'isola anche lo stato maggiore del gruppo di combattimento, al comando del tenente colonnello Remold, e il generale Walter Stettner, comandante della 1^ divisione da montagna. Al mattino due colonne tedesche, al comando dei capitani Dittmann e Feser, iniziano le operazioni per spezzare la resistenza italiana, che può contare, oltre che sul fuoco dell'artiglieria, che rallenta l'avanzata tedesca, anche su alcuni aerei da attacco al suolo che creano qualche problema ai gruppi di assalto tedeschi. Sul passo di Stawros e sulle alture circostanti la difesa italiana ha approntato un'ultima linea di resistenza prima del capoluogo. Le postazioni italiane sono annientate una dopo l'altra dalle truppe di assalto tedesche, che prendono così possesso delle alture e delle postazioni fisse. Dopo i combattimenti non ci sono sopravvissuti tra gli italiani, alcuni reparti cominciano a dar segno di cedimento: i tedeschi vedono aumentare i soldati che si arrendono dopo aver consegnato "spontaneamente" le armi, mentre gli ufficiali di più alto grado ripiegano verso il capoluogo. La cittadina di Corfù, tuttavia, è ancora difesa da una linea di fortificazioni italiane, disposta a sudest del centro abitato, con l'appoggio di un'efficace difesa antiaerea. Mentre il capitano Feser ha il compito di aggirare le difese nemiche verso nord, per impedire lo sganciamento dei reparti italiani, sono messi in azione le unità di artiglieria pesante che concentrano il fuoco sulla cittadella della capitale. Il gruppo Dittmann, a questo punto, attacca la linea difensiva italiana, che viene sopraffatta dopo un violento scontro a fuoco. Poco dopo "sulla cittadella di Corfù [fu] issata la bandiera bianca". L'ultima comunicazione italiana da Corfù è delle 16.20 "Abbiamo distrutto tutte pubblicazioni segrete. Ci apprestiamo a distruggere radio". Alle 17.00 del 25 settembre, i tedeschi entrano in città. Oltre 5.000 soldati italiani depongono le armi, ovvero i reparti della divisione Acqui e quelli provenienti dalla terraferma. Tra gli italiani vi sono oltre 600 caduti e circa 1.200 feriti. Verso nord continuano, nel frattempo, le operazioni di rastrellamento degli ultimi reparti rimasti in azione. Verso le 23.00, a Skriperon, i tedeschi catturano il comandante dell'isola, il colonnello Lusignani, e l'intero stato maggiore. Dopo trattative, Lusignani dà l'ordine a tutte le truppe italiane di deporre le armi. Ha così termine la battaglia di Corfù. Nel resoconto del generale Stettner, si dà conto del bottino ingente, sufficiente ad equipaggiare otto battaglioni di fanteria, si parla di "700 nemici morti", senza distinguere tra caduti in combattimento e fucilati, non si parla di "prigionieri", ma di circa 10.000 "disertori", cifra che risulta esagerata rispetto alla realtà. Tuttavia, il giorno 28 settembre, il generale Lanz richiede al Comando supremo del Gruppo armate E quali misure di ritorsione avrebbe dovuto adottare contro i militari italiani; da Löhr, questa volta, giunge l'indicazione di soprassedere, considerando che gli ufficiali direttamente responsabili dello smacco subito dopo l'armistizio, con la cattura dei militari tedeschi poi trasferiti in mano inglese, erano già stati fucilati. In effetti Lanz aveva già provveduto ad applicare le disposizioni sulla fucilazione degli ufficiali italiani a Corfù. Il 27 settembre, a mezzogiorno, il colonnello Lusignani, il colonnello Bettini, della divisione Parma, e altri 19 ufficiali, sono trattati secondo l'ordinanza del Führer. I tedeschi hanno perduto circa 200 uomini, 18 cacciabombardieri e cinque mezzi navali, oltre al primo gruppo di prigionieri consegnati agli inglesi. |
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