FORMAZIONE


Scuola e società, sfide comuni


Fernando Cocciolo pres. Cidi Brindisi

La Conferenza cittadina sul “Progetto Giovani”, realizzato dalla “Istituzione per la prevenzione dell’emarginazione e del disagio sociale nella Città di Brindisi” in collaborazione con le scuole superiori della città, ha rappresentato l’opportuna conclusione di un percorso, a carattere informativo e formativo insieme, finalizzato alla prevenzione dell’AIDS, del fumo e dell’uso di alcool e droghe. Tra gli interessanti spunti di riflessione che la Conferenza ha offerto, vorrei soffermarmi brevemente su uno che, per i tempi assai ristretti e per le caratteristiche stesse del dibattito, non ha potuto essere ripreso come avrebbe meritato. Mi riferisco al problema del rapporto tra scuola e territorio e all’esigenza, giustamente sostenuta da tutti gli intervenuti, di operare “in rete”, di “fare rete”. 

    Si tratta di un nodo centrale del dibattito in corso sulle modalità di relazione interistituzionale nella costruzione di un sistema formativo integrato, nel quale le scuole operano – come è noto – quali soggetti autonomi di rilievo costituzionale.

      L’ottica che assumo procede dunque, volutamente, dalla parte della scuola, ma non rimane ”recintata”, per così dire, all’interno del sistema scuola. Al contrario la mia vuol essere una prospettiva interistituzionale, aperta dentro (dentro la scuola, all’interno dei processi educativi) e aperta fuori (fuori dalla scuola, verso le potenzialità del territorio).

      La scuola – si afferma ormai da ogni parte – ha grandi possibilità riguardo all’educazione dei giovani e, quindi, grandi responsabilità. Ciò è sicuramente vero: purché si aggiunga che la scuola non può fare da sola, oggi meno che mai. Non va dimenticato, infatti, che l’autonomia delle istituzioni scolastiche – se non è, o non è ancora, puro divertissement linguistico - è parte di un sistema di autonomie che ha, tutto insieme, la responsabilità della pianificazione e della realizzazione delle opzioni formative su un territorio, e la cui funzionalità e produttività – insomma, la sua reale incidenza sui processi formativi - dipendono in misura rilevante dalla “qualità” dell’interazione tra i suoi componenti.

     In quest’ottica, una relazione di tipo episodico, occasionale o, meno che mai, unidirezionale ed asimmetrico, tra scuola e territorio servirebbe a ben poco e non dovrebbe accontentare alcuno. Al contrario, un rapporto organico e sistematico rappresenterebbe un fattore di grande dinamicità e assumerebbe una precisa valenza educativa: è fondamentale, cioè, che il potenziale formativo di cui il territorio dispone e che si manifesta attraverso soggetti, strutture, forme e modi diversi, venga utilizzato dalla scuola, con sempre maggiore convinzione e proprietà metodologica, in funzione della significatività degli apprendimenti e delle esperienze degli studenti; ma è altrettanto importante che gli EE.LL. - i Comuni e le Province in primo luogo, con i loro servizi e le loro risorse – assumano impegni concreti e tempestivi sul terreno delle politiche culturali e formative, condividendone con la “scuola” e con la “città” l’elaborazione, la programmazione e l’attuazione.

 Se dunque una politica di rete rappresenta un bisogno ed una opportunità realmente avvertiti per la crescita educativa e culturale dei giovani, allora sarà necessario uscire al più presto dalla episodicità e dalla frammentazione ed impegnarsi a fondo per conferire stabilità ed organicità alla rete dei rapporti interistituzionali. Appaiono, in proposito, molto pertinenti le parole di Bruno Causo sulla connotazione paritaria, non verticistica, ed “economica” di una rete, e le osservazioni del Sindaco Antonino, secondo il quale «“fare rete” deve uscire dall’alveo dei convegni e diventare pratica quotidiana»: che è esattamente ciò che la scuola brindisina chiede e si sforza di fare, interagendo con sempre maggiore frequenza con i diversi soggetti capaci di dare un contributo significativo alla sua azione educativa.

Per questa via, forse, si potranno porre le basi per un orientamento “culturale” comune, che promuova e sostenga il passaggio dalla prassi normale della progettazione in parallelo alla logica della concertazione, alla strategia del fare sistemico per obiettivi complessi e condivisi. Per questa via, forse, si potrà avviare la costruzione di quella “città educativa”, immaginata nel Congresso Internazionale di Barcellona del 1990, che è qualcosa di più - di più ampio e profondo – rispetto al concetto di sistema formativo integrato, in quanto è la città stessa, nella sua personalità complessiva e nella sua identità “culturale”, a riconoscere, esercitare e sviluppare, accanto alle sue funzioni tradizionali, una funzione specificamente educativa, assumendo una intenzionalità e una responsabilità precise riguardo alla formazione, alla promozione e allo sviluppo di tutti i suoi abitanti, a cominciare dai bambini e dai giovani.

       Credo che questo sia un buon obiettivo, per il quale non sarebbe sbagliato lavorare insieme.


Pubblicato su “Nuovo Quotidiano di Puglia – Brindisi”, 30 aprile 2003