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Il manifesto del movimento "Scuola libera" cui aderisce il nuovo Ministro dell'Istruzione Letizia Moratti



SCUOLA LIBERA!

Genitori, insegnanti, studenti, professionisti e imprenditori, associazioni laiche e cattoliche di diversa ispirazione educativa e culturale: abbiamo dato vita a un movimento con un solo obiettivo: ricostruire in Italia una "grande scuola", capace di affrontare le sfide del XXI secolo. Restituendole qualità e serietà. Dando libertà di scelta alle famiglie in un quadro di COMPETIZIONE tra diverse e moderne offerte formative. Garantendo anche ai ceti più poveri la possibilità di un’istruzione "eccellente".
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IL BUONO SCUOLA PER UNA BUONA SCUOLA - È GIUSTO

perché l’educazione e la formazione della persona sono la risorsa più pre-ziosa per affrontare la vita. Ma noi abbiamo completamente delegato allo Stato il compito di occuparsene, considerando la scuola come una sorta di grande baby sitter. Ma oggi lo Stato, che effettivamente fino agli anni Ottanta, ha garantito una grande crescita culturale di tutta la società, non ce la fa più ad assicurare standard di qualità e attenzione assidua a ciascun ragazzo. Di fronte al gran numero di studenti è prevalso un atteggiamento burocratico che ha portato a un livellamento verso il basso della qualità degli studi e dello stesso ambiente scolastico. È giusto allora che la famiglia recupe-ri la propria sovranità e libertà di scelta assieme al senso di responsabilità sull’avvenire dei propri figli. Del resto non è detto che un "bene pubblico" debba essere necessariamente gestito dallo Stato. Anzi, la dogmatica equiparazione tra statale e pubblico è stata uno dei principali "errori" della democrazia italiana: perché ha sovraccaricato di compiti lo Stato (padre e padrone) e deresponsabilizzato i cittadini. Il pubblico siamo noi e sta anche a noi, in prima persona, tutelare e promuovere i nostri "beni".

È FACILE

basta che lo Stato attraverso le Regioni assegni a ogni famiglia un buono da spendere nell’istituto pubblico (statale o privato che sia) che giudica migliore. Il buono corrisponderà alla cifra che già oggi viene spesa dai contribuenti, per ogni studente a seconda del ciclo di studi. Quindi non ci sarà (salvo che, come sarebbe auspicabile, non si decida di aumentare il budget riservato all’istruzione) alcun onere aggiuntivo per il sistema scolastico nazionale.

È NECESSARIO

perché senza dare finalmente vera autonomia ai singoli istituti e senza
INTRODURRE COMPETIZIONE CULTURALE
e spirito di emulazione tra istituto e istituto, l’istruzione italiana difficilmente uscirà dalla spirale di decadenza nella quale è precipitata.

È VERO CHE CONVIENE ALL’ITALIA

la competizione internazionale è e sarà sempre più basata sul "sapere", sulla capacità delle diverse nazioni di produrre competenza, creatività, nuova qualità del lavoro. Ciò vuol dire che il futuro dei nostri figli, delle generazioni che si succederanno, dipenderà esclu-sivamente dal loro livello di formazione. Perciò è indispensabile cambiare rotta: perché lo stato della nostra istruzione secondaria, di quella universitaria e della nostra ricerca è drammaticamente al di sotto della sufficienza. Bisogna perciò lanciare una vera e propria gara nazionale per il sapere nella quale governo, imprenditori privati, associazioni non-profit, cooperative di genitori e insegnanti, tutti insieme, decidano di investire sull’istruzione. Creando una libera, moderna, efficiente e plurale offerta formativa.

CONVIENE ALLE FAMIGLIE

perché ai genitori compete il diritto di scegliere il tipo di educazione da dare ai propri figli in accordo con le loro convinzioni filosofiche, culturali, morali e religiose: e questo, forse non tutti lo sanno, è sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dalla nostra Costituzione repubblicana.

CONVIENE AGLI STUDENTI

perché un sistema nazionale di "scuole libere", una volta affermato, permetterà a loro e alle loro famiglie, di poter scegliere tra un numero di opzioni molto più alto l’ispirazione educativa, l’indirizzo professionale, la disciplina di specializzazione verso la quale orientare la propria vita. È infatti oggi assolutamente stridente la contraddizione tra la com-plessità e la varietà delle scelte che il mondo di oggi offre ai giovani e la carenza di pluralità e di fanta-sia dell’offerta di formazione esistente.CONVIENE AGLI INSEGNANTI quella che forse è la più importante tra le professioni umane è stata trasformata in un mestiere ingrato, malpagato e privo di qualsiasi valorizza-zione culturale. Una libera competizione tra i professori, garantita però da precise regole di tutela, non può che riportare l’intero corpo insegnante a un nuovo entusiasmo per il proprio lavoro, a un desiderio di aggiornamento e di continua crescita personale, oggi frustrato, e a un pieno riconosci-mento sociale, morale ed economico delle proprie qualità.CONVIENE AI MENO ABBIENTI la scolarizzazione degli anni Sessanta-Settanta ha permesso anche ai figli di chi si trovava ai gradini più bassi della scala sociale di studiare e di diventare "dottore". È stata cioè un potente fattore di eguaglianza. Ma oggi non è più così: la scuola statale è diventata una scuola classista. Chi ha più soldi, infatti, può mandare i propri figli a studiare all’estero o in scuole private di eccellenza. Chi invece si trova in condizioni di disagio è costretto a parcheggiarli in una scuola sempre più dequalificata. Il buono-scuola permette anche ai figli dei più poveri di accedere agli istituti migliori. E impone a ciascuna scuola di fare di tutto per diventare "migliore".

CONVIENE ALLE IMPRESE

perché investire sul sapere, contribuire ad aprire nuove scuole, magari di specializzazione e di eccellenza, significa anche lavorare a formare una classe dirigente all’altezza delle sfide produttive e culturali che la nuova economia ha aperto nel mondo. Spendere cento miliardi nella scuola pubblica (privata o statale che sia) può essere altrettanto, se non più, "profittevole" che spenderli per le gambe di un calciatore. Anche il futuro delle aziende, infatti, dipenderà sempre più dal livello di formazione dei propri lavoratori.

NON È VERO CHE SI DANNO SOLDI SOLO ALLE SCUOLE "DEI PRETI"

a parte il fatto che gli istituti privati cattolici hanno dato in questi anni un significativo contributo, anche di primo livello, alla formazione culturale di tanti ragazze e ragazzi, è vero proprio il contrario. E cioè: oggi lo Stato finanzia attraverso "convenzioni" le scuole cattoliche elementari (peraltro in modo assolutamente insufficiente visto che ciò non impedisce che molte di esse abbiano già chiuso o vadano via via chiudendo) e non dà nulla per gli altri Ordini di scuola. La proposta della "scuola libera" è un’altra: passare dalla scuola dello Stato alla scuola della società civile. Dare, cioè, attraverso il BUONO-SCUOLA, la libertà di scelta alle famiglie. Esse decideranno in quale istituto, privato o statale mandare i propri figli. Insomma:

VINCERANNO I MIGLIORI

statali o privati che siano. Ed è anzi immaginabile che, con questo sistema, crescerà il numero delle scuole (sono infatti previsti forti sgravi fiscali per chi investe nell’istruzione) e assieme a esso la ricchezza delle offerte, non solo di ispirazione cattolica. Anche la scuola secondaria potrà insomma avere il suo liceo Bocconi o la sua Luiss.

LO STATO ABBANDONA L’ISTRUZIONE

per nulla. Attraverso il ministero e attraverso nuovi strumenti pensati ad hoc (un osservatorio nazionale che controlli ambiente, strutture e qualità degli istituti) lo Stato, inteso come insieme delle articolazioni del governo democratico, continuerà a essere il punto di riferimento del sistema scolastico nazionale. Solo non sarà più il gestore del proprio monopolio. Sarà, invece, il gestore di un bene pubblico che torna a essere, com’è giusto, effettiva "proprietà"’ dei cittadini e delle famiglie.

IL MERCATO INQUINERÀ LA CULTURA

è questa una delle contestazioni più diffuse ma, paradossalmente, è anche quella più fantasiosa. Basta ragionare: le famiglie, attraverso il BUONO-SCUOLA scelgono la scuola che ritengono migliore. Migliore in base a che? Naturalmente in base alla serietà dell’offerta, alla qualità dell’ambiente, alla validità dell’insegnamento. Il che vuol dire che, in questo caso, la parola concorrenza altro non significa che "gara di emulazione"tra istituti per riuscire a proporre, appunto, l’offerta formativa più convincente. Dove sta, dunque, il diabolico potere del mercato? Non esiste. In realtà, nella scuola libera l’unico profitto che deve aumentare è quello degli studi.

VERRANNO LICENZIATI GLI INSEGNANTI

si potrebbe rispondere che peggio di così gli insegnanti non possono proprio essere trattati. Ma il problema non è solo economico. La verità è che bisogna che tutto il sistema torni a dare valore a una professione che è una delle più importanti di tutta la nostra vita associata e che, invece, si è ridotta a una sorta di funzionariato burocratico. Il rischio che, in un nuovo sistema libero, aumenti la possibilità di essere messi ai margini non c’è: non solo perché la nostra proposta immagina un periodo di transizione (dai cinque agli otto anni) nel quale gli insegnanti in servizio non possono essere rimossi, ma anche perché, affermandosi la prospettiva della scuola libera, nasceranno decine di nuovi istituti creando, semmai, il riequilibrio di una domanda che oggi tende a raggiungere la saturazione. Ciò che, invece, va previsto è l’apertura di una grande stagione di riqualificazione, di aggiornamento e di nuova formazione del corpo docente (cosa che, si sa, sarebbe in ogni caso indispensabile). Nel traguardo della scuola libera tale stagione è intesa al fine, appunto, di riassegnare valore all’insegnante che deve essere, per la sua qualità, per la sua preparazione, per il suo livello pedagogico, il bene principale del mondo dell’istruzione.


Hanno dato la loro adesione agli obiettivi del movimento: LETIZIA MORATTI, Dario Antiseri, Antonio Augenti, Carlo Bo, Dino Boffo, Paolo Blasi, Luciano Caglioti, Pellegrino Capaldo, Innocenzo Cipolletta, Emma Marcegaglia, Angelo Panebianco, Sergio Romano, Giorgio Rumi, Paolo Savona, Lorenzo Strick Lievers, Marco Tronchetti Provera

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