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LA SCUOLA, IL MINISTRO DI CLASSE E LA CONTRORIFORMA


L'8 novembre scorso il Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Letizia Moratti, ha inviato ai docenti della scuola italiana una lettera aperta con l'intento di rassicurarli che la Finanziaria 2002 non avrebbe previsto tagli per i vitali settori che rientrano nelle competenze del suo dicastero e per confermare il suo impegno a riconoscere una specifica area professionale nel prossimo contratto di lavoro. La lettera era titolata: "Un'alleanza per la crescita dei ragazzi e del Paese".

Ogni persona di buon senso non può che essere d'accordo con il Ministro quando invita il mondo della scuola ad un'alleanza per la crescita delle giovani generazioni e dell'intero Paese, ma certamente molti non sono d'accordo quando si rivolge in tono paternalistico ai "ragazzi" delle scuola italiane e, soprattutto, quando promette interventi sulla scuola pubblica che non sono suffragati, anche sul piano degli impegni finanziari, dai fatti.

Non ritengo utile tornare qui sulle ragioni che hanno indotto alcuni Sindacati della scuola, con la CGIL Scuola in testa, a proclamare lo sciopero della categoria del 12 novembre scorso, ma qualche precisazione, per amore della verità, va fatta.

La Finanziaria 2002 porterà alla scuola pubblica italiana tagli per oltre duemila miliardi, relegandola in coda alla graduatoria dei Paesi europei che tiene conto del rapporto tra spesa per l'istruzione e PIL; inoltre, la stessa Finanziaria non prevede, al momento, nuovi investimenti per la scuola.

 Non sono solo questi, però, i segnali preoccupanti. Sono, infatti, previsti tagli consistenti agli organici del personale docente e non docente, si pongono le basi per l'affossamento dell'organico funzionale, strumento indispensabile per una vera autonomia delle istituzioni scolastiche, si prefigura un ricorso ai supplenti più contenuto del passato con l'aumento dei carichi di lavoro per i docenti in servizio, si smantella di nuovo il sistema degli esami di Stato, di recente riformato, dando mano libera ai cosiddetti "diplomifici", e, soprattutto, non si dà corso agli impegni assunti nella Finanziaria 2001 e alle aspettative dei docenti di prevedere per il rinnovo contrattuale 2002-2003 l'allineamento degli stipendi a quelli europei.

Tale atteggiamento nei confronti della scuola pubblica, condiviso dall'Esecutivo, è stato pienamente esplicitato dal Ministro nell'incontro con i Sindacati della scuola, tenutosi il 28 novembre scorso, quando è stato presentato il Piano Pluriennale di Investimenti per la scuola: nessuna risorsa aggiuntiva nella Finanziaria 2002, meno di duemila miliardi nella Finanziaria 2003 e un impegno complessivo variabile dai quindicimila ai diciannovemila miliardi, comprensivi delle risorse già previste da leggi e accordi precedenti, fino al 2006-2007, che fanno da contraltare al preannunziato taglio degli organici del 15%. Il tutto avvolto da una nube densa di incertezze e fumosità, determinata soprattutto dalle condizioni poste alla base del Piano: la positiva congiuntura internazionale, il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo e di crescita economica fissati dal governo e senza che essi possano essere allontanati anche da fatti contingenti quali, ad esempio, l'impegno che il nostro Paese ha dato per sostenere la guerra contro il terrorismo.

Non ritengo, pertanto, sufficienti le promesse del Ministro riguardanti l'area contrattuale separata per i docenti e il pieno coinvolgimento degli stessi nel nuovo percorso di riforma che si vuole mettere in campo per raggiungere gli obiettivi che  dichiara così:

"La scuola sempre più deve affiancare le famiglie nella funzione educativa e dare risposta di qualità alle esigenze formative dei ragazzi; deve sostenere chi è in difficoltà e valorizzare i talenti, deve aiutare i giovani a costruire la propria personalità libera e responsabile e deve orientarli e prepararli sempre meglio ad affrontare la vita.".

Lo scrivente non è incline a facili pessimismi, ma certamente ritiene di poter affermare, senza assumere il ruolo della Cassandra di turno, che, considerate le avventate scelte di politica economica del governo, la congiuntura internazionale già ora sfavorevole e i venti di guerra sempre più minacciosi (si cominciano a riaprire anche i tribunali speciali) non abbiamo, certamente, di fronte a noi una fase della vita della scuola italiana "che precorre alla festa di tua vita", come dice il Poeta.

Questa osservazione appare ancora più realistica se si guarda alla "controriforma"  avviata dal Ministro in questi ultimi mesi con i decreti di avvio dell'anno scolastico, con il blocco della legge sui riordini dei cicli scolastici e i tagli presenti nella Legge Finanziaria del 2002, già richiamati. Il clima di "controriforma" è confermato drammaticamente, altresì, dalla pubblicazione del documento prodotto dal gruppo ristretto di lavoro sulla riforma del sistema d'istruzione e formazione, Commissione Bertagna. Il Ministro dell'Istruzione, fulgido esempio di ministro neo-liberista, fa sua tale proposta che riporta indietro di oltre quarant'anni il nostro Paese nel riproporre la scelta precoce ai nostri figli, a 14 anni, del percorso di studi da intraprendere, quello dell'istruzione liceale o tecnica e quello della formazione al lavoro e alla pratica.

E' necessario che le forze vive del mondo della cultura e della scuola contrastino questo disegno e riportino la discussione sul ruolo determinante che Istruzione, Formazione e Ricerca, insieme, devono avere perché il nostro Paese possa raggiungere l'obiettivo di uno pieno sviluppo, che non può che essere fondato sulla qualità, in un mondo in cui si compete.

Uno sviluppo di questo tipo non può prescindere da azioni preparatorie che valorizzino tutte le risorse umane, senza influenza dei condizionamenti sociali, abbattendo gli ostacoli che naturalmente lo impediscono; ciò può avvenire solo facendo in modo che il cittadino acquisisca concrete capacità di governo delle conoscenze, a partire dall'infanzia per continuare in tutto l'arco della sua vita, perché sia in grado di utilizzarle appieno evitando l'esclusione dai sistemi produttivi e sociali.

Nella Società della informazione e della conoscenza tutto questo non può che avvenire nei luoghi propri dove la conoscenza si costruisce nel pluralismo; essi sono: la Scuola, l'Università, la Ricerca, la F.P., che devono essere garantiti dal sistema pubblico, il solo, in grado di preservarli dai violenti attacchi che le ideologie mai sopite e gli interessi mossi solo dalla accecante chimera del profitto muovono sempre come piovre fameliche. Questo è il progetto che si sta pian piano ricacciando indietro.

Sullo sfondo c'è il disegno del Governo delle destre di destabilizzare il sistema pubblico di istruzione e di formazione per sostituirlo con uno privato di qualità, relegando così il primo in posizione di secondo piano e solo a funzioni subalterne; tale disegno non ha bisogno di essere spiegato perché le azioni di governo di questi mesi lo hanno già fatto ampiamente, mettendo in pratica ciò che era stato preannunziato e impedendo alle riforme già avviate di compiersi.

Giudico inammissibile tale disegno per i principi costituzionali che mette in discussione e, perciò, da combattere con grande energia e altrettanta mobilitazione.

BRINDISI 1/12/2001

                                                                                    MARIO CAROLLA

Riforme

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