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Termine inglese, diffuso in molte lingue e usato spesso in italiano, con il significato di modello stabilito o accettato, di base di confronto o di misura, ed anche di criterio. Talvolta anche nell'accezione di livello, tenore, grado di eccellenza richiesti per un particolare proposito.

Termine inglese utilizzato per indicare il tipo o il modello assunto come termine di riferimento, di misura e di confronto. L'espressione è utilizzata nell'accezione comune per indicare gli atteggiamenti e i valori che determinano il comportamento medio dell'uomo; in statistica in riferimento alla deviazione, all'errore e al punteggio.

La procedura di standardizzazione

Uniformità di procedura nella somministrazione di un test e nella determinazione del punteggio relativo. Se non c'è standardizzazione, non è possibile la comparazione tra i punteggi ottenuti da persone differenti, perché non si rispetta la regola che, nel caso dei test, prevede che l'unica variabile indipendente sia l'individuo sottoposto a prova. Per la standardizzazione di un test occorrono norme statistiche che si ottengono applicando un test a un ampio campione rappresentativo del tipo di soggetti ai quali il test è destinato. Tale gruppo, detto campione di standardizzazione, serve per determinare le norme che indicano non solo il rendimento medio, ma anche la frequenza relativa dei vari gradi di scostamento al di sopra o al di sotto della media. Il procedimento che fissa i valori normali di risposta per un test di nuova costruzione, ricavandoli dall'esame della distribuzione dei dati ottenuti nel campione standardizzato, prende il nome di taratura.     

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G. Cerini

L'autonomia della scuola, per non correre il rischio della casualità e dell'autarchia, richiede la definizione di standard nazionali, cioè di un "criterio di qualità, ossia di un livello desiderato del servizio scolastico o del suo prodotto" (v. B.Vertecchi, Verso la definizione di standard per la formazione scolastica, Cede, 1997).

Ogni scuola potrà predisporre liberamente le forme e le modalità che riterrà più opportune per la valutazione in itinere (valutazione formativa), ma la certificazione finale degli esiti dovrà rispondere a regole e criteri nazionali e consentire opportune comparazioni, rispetto a soglie definite (appunto gli standard). La definizione di tale soglia può avvenire a priori (standard assoluto, o standard di progetto) oppure a posteriori, cioè dopo aver rilevato la effettiva distribuzione delle prestazioni (standard di risultato o normativo). L'orientamento del Servizio Nazionale per la Qualità dell'istruzione (l'agenzia presso il CEDE alla quale è stato affidato il compito) è quello di puntare a standard di livello medio-alto, cioè a traguardi elevati, per aumentare le aspettative dei docenti e indurre un effetto trainante sugli apprendimenti, al fine di superare un certo "naturalismo" delle strategie didattiche.

Per rendere visibili e concreti gli standard occorre tradurli in indicatori. Gli indicatori sono un enunciato circostanziato che qualifica un fenomeno o un processo, strutturato in modo da rendere possibile la "misurabilità" del fenomeno stesso (a partire dal livello più elementare della sua presenza/assenza). 

Informazioni via via più dettagliate sull'avvio del Sistema di Valutazione sono attingibile presso il sito del CEDE (www.cede.it).

Standard di funzionamento

L'autonomia ha dunque bisogno di alcuni punti di riferimento stabili, definiti a livello nazionale, rispetto ai quali far agire le scelte "locali". Si tratterà di standard di apprendimento dei ragazzi ("quali sono i livelli di competenza considerati accettabili ?") e di standard di funzionamento della scuola ("quali sono le caratteristiche essenziali di una buona scuola ?"). 

Standard di apprendimento (obiettivi specifici di apprendimento relativi alle COMPETENZE degli alunni) 
Standard di funzionamento (standard relativi alla qualità del servizio) 

Regolamento autonomia organizzativa e didattica (febbraio 1999)

Tali indicazioni dovranno essere definite, dal Ministro della P.I., entro il 1-9-2000, data da cui decorre la piena autonomia delle scuole. 

Mentre sulla rilevazione degli apprendimenti sta lavorando il Sistema nazionale di valutazione (costituito presso il Cede di Frascati) sugli standard di funzionamento ogni singolo grado scolastico sta procedendo con prime elaborazioni. E' il caso, ad esempio della scuola elementare, con la C.M. 335/98. In tale documento si rammentano alle scuola alcuni punti irrinunciabili della Riforma del 1990 (la pluralità docente, il tempo scuola "disteso", l'organizzazione modulare), da salvaguardare anche all'interno di progettazioni organizzative più originali di quelle previste dalle disposizioni vigenti. . 

Anche le norme sulla sperimentazione dell'autonomia (DM 251/98) consentono di progettare formule organizzative più elastiche, ad esempio mediante la gestione di attività in interclasse, il tendenziale superamento della rigidità della classe (specie se formate da un numero ridotto di alunni), il ricorso a competenze esterne per l'arricchimento dell'offerta formativa (in questo senso si esprime il DM 331/98 sulla gestione degli organici).. 

E' ovvio che la definizione di standard di funzionamento (una sorta di modello medio nazionale) richiederà un solido supporto normativo (una circolare non basta), visto che tali indicatori dovranno prendere il posto degli attuali ordinamenti, delegificandoli.

E' inoltre auspicabile che la individuazione di tali indicatori avvenga non dall'alto, ma in stretto rapporto con le scuole, anzi, ascoltando e interagendo con le scuole migliori. Il "monitoraggio" dei progetti sperimentali dell'autonomia (affidato dalla Direttiva 252/98 agli Irrsae) dovrebbe riuscire proprio a scovare le "best practices", cioè le migliori esperienze in fatto di organizzazione didattica. 

E' assai utile, in questa prospettiva, che ogni scuola sviluppi una propria capacità di autoanalisi, cioè di riflessione "strumentata" e documentata sui propri punti di forza e di debolezza, magari scegliendo un campo limitato di osservazione (. A.Armone-M.Tiriticco, Quando la scuola apprende, Tecnodid, Napoli, 1998).

Dall'autovalutazione alla valutazione "esterna"

L'autonomia delle singole scuole richiede l'allestimento di un rigoroso sistema di valutazione. Dobbiamo però chiarire il tipo di valutazione che un istituto può realizzare. Qui ci soccorre la ulteriore distinzione tra autovalutazione, valutazione interna e valutazione esterna. L'autovalutazione coinvolge il soggetto stesso che compie l'attività, mentre la valutazione esterna oltre che essere condotta da agenti esterni vuole "testare" il raggiungimento di obiettivi definiti a livello generale (esterni al singolo istituto). L'autovalutazione non coincide però con la valutazione interna, che è azione volta ad apprezzare il raggiungimento di obiettivi specifici, legati ad un preciso contesto operativo. 

Non è detto che i sistemi più efficaci di valutazione siano quelli "esterni". Se il nostro obiettivo non è solo quello di stilare graduatorie o certificare posizioni, ma agire per il miglioramento delle prestazioni e dei risultati, allora dovremo allestire un sistema di valutazione fortemente interattivo, in cui i momenti di valutazione esterna si accompagnano ad una metodologia di valutazione interna. Non basterà disporre di un archivio docimologico nazionale, interrogabile in rete ed utilizzabile con una certa libertà da parte delle singole scuole. Andrà promossa una articolata serie di azioni (osservazioni, questionari, interviste, coinvolgimento dei destinatari, confronti) che non possono essere surrogate da una rete telematica e non possono limitarsi alla somministrazione di prove di accertamento del profitto scolastico. 

Ci sarà in ogni scuola un "nucleo" interno di valutazione (una struttura prevista anche nel progetto di legge sulla riforma degli ORGANI COLLEGIALI) e che andrebbe sperimentata a partire dalle possibilità offerte dalla sperimentazione dell'autonomia). Tale nucleo dovrà diventare uno dei nodi nevralgici per lo sviluppo organizzativo e curricolare della scuola autonoma, una sede che non solo raccoglie dati e informazioni, ma li interpreta e li mette a disposizione delle diverse sedi della progettazione. Ovviamente ci riferiamo alla valutazione dell'andamento del sistema didattica.

Ma non basta ancora. Ci sono azioni valutative che andranno svolte "de visu", cioè agendo direttamente nel contesto organizzativo e didattico: saranno gli ispettori oppure "osservatori indipendenti" che, sulla base di protocolli condivisi, produrranno analisi dei comportamenti rilevati in classe, qualità delle relazioni, ricchezza delle mediazioni, pluralità degli stimoli. Una siffatta azione valutativa ha per oggetto l'attività didattica; è finalizzata a raccogliere documenti e sentire testimoni privilegiati; elabora rapporti conoscitivi "in progress" che offre alla re-azione degli interlocutori. Si instaura così un sistema definibile come controllo di gestione, come azione di regolazione e di miglioramento. In questa ottica la valutazione tenderà a trasformarsi in "monitoraggio" (g.c.).

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Per approfondire:

A.Monasta, Saperi, compenze e standard per la scuola di base, in "Scuola e città", n. 11, 30 novembre 1998.

 

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