|  
       Reti 
        e contesti della comunicazione 
        Antonio Gentile 
        - 02-09-2002 su "fuoriregistro" 
        
         
          Vi parlerò della comunicazione 
           
          - disse l’oratore 
          e cercherò 
          - data la vastità dell’argomento, 
          cercherò 
          di essere breve.’ 
          Un sospiro 
          si levò 
          dall’aula magna, 
          un sospiro 
           
          ******** 
          Questa volta 
          sarò diretto 
          nella comunicazione; 
          farò scorrere  
          una serie di diapositive 
          - Silenzio in aula 
          e spegnete le luci ! 
       
       
         
         
        Il termine ‘comunicazione’ origina dalla radice ‘comune’ 
        ( communis: communicare ) che indica “appartenenza a più persone; mettere 
        in comune; unire in comunità”. 
        C’è, dunque, nella radice latina il riferimento cardine alla comunità 
        che si realizza tramite condivisione. 
        Nel momento in cui il riferimento base non è più la comunità intesa come 
        presupposto originario ma l’individuo, visto isolatamente, nel suo bisogno 
        di rapportarsi ad altri individui, ecco che la comunicazione diviene un 
        “collegare, trasmettere, diffondere” 
        Per estensione si parlerà allora di vie e canali di comunicazione, mezzi 
        di comunicazione, trasferimento di informazioni da una fonte ad un destinatario. 
        Inutile sottolineare che questo secondo significato di comunicazione diviene 
        via via prevalente nell’uso linguistico oscurando l’originaria interazione 
        fatta di convergenze di esperienze e modi d’essere e riducendo il termine 
        a trasferimento di informazioni, messaggi, idee, sentimenti… 
        Così parliamo di comunicazione televisiva, di comunicazione d’impresa, 
        di comunicazione pubblicitaria; di mass-media come mezzi di comunicazione 
        di massa; di esperti in tecniche pubblicitarie come “creativi della comunicazione” 
        “Oggi si parla di abili comunicatori riferendosi a quelle persone che 
        in televisione riescono a trasmettere messaggi brevi, significativi e 
        di immediata comprensione.” ( 1 ) 
         
        Provo a cercare il significato del termine su un dizionario d’Italiano 
        ed ho il seguente risultato : 
        “1. trasmettere, diffondere, propagare 2. (rel.) amministrare la comunione 
        3. (ant.) mettere in comune “ ( Garzanti ) 
        Su un dizionario di filosofia ritrovo l’antico significato : 
        “ carattere specifico di rapporti umani in quanto sono, o possono essere, 
        rapporti di partecipazione reciproca o di comprensione.Pertanto il termine 
        viene ad essere sinonimo di ‘coesistenza’ o di ‘vita con gli altri’ ed 
        indica l’insieme dei modi specifici in cui la coesistenza umana può atteggiarsi, 
        purchè si tratti di modi ‘umani’, cioè nei quali una certa possibilità 
        di partecipare e di comprensione sia salva. 
        In questo senso la comunicazione non ha niente a che fare con la coordinazione 
        e l’unità. 
        Le parti di una macchina, ha osservato Dewey, sono strettamente coordinate 
        e formano un’unità ma non formano una comunità. 
        Gli uomini formano una comunità perché comunicano, cioè perché possono 
        reciprocamente partecipare dei loro modi d’essere, che così acquistano 
        nuovi ed imprevedibili significati “ (N. Abbagnano ; la sottolineatura 
        è mia ) 
         
        E’ interessante osservare come alla base dei modelli sulla comunicazione 
        si trovino due differenti impianti : 
        1. Quello di Claude Shannon e Warren Weaver che vede la 
        comunicazione come “trasferimento di informazioni mediante segnali da 
        una fonte a un destinatario” e quindi, secondo una concezione lineare, 
        cerca di evitare i fattori di disturbo ( rumore) che possono ostacolare 
        il preciso trasferimento del messaggio dalla fonte al ricevente. 
        2. Quello di Roman Jakobson che analizza la comunicazione alla 
        luce del contesto e del codice e richiede un lavoro di interpretazione 
        e donazione di senso da parte di tutti gli attori del processo comunicativo. 
        La figura seguente lo riporta lo schema di Shannon e Weaver :  
         
      
  
         
            
           
          Tabella 1 - Lo schema della comunicazione di Shannon 
          e Weaver 
        
         
         
         
        Nella seguente Tabella 2 abbiamo lo schema del modello 
        di Jakobson : 
         
         
        
          contesto 
          messaggio  
        
         
        
          mittente - - - - - - 
          - - - - - - - - - - - - - - - destinatario 
        
         
        
          contatto 
          codice 
          ( 2 ) 
        
         
         
        Lo schema di Shannon - Weaver punta ad un controllo del segnale, riducendo 
        i fattori di disturbo presenti nella trasmissione, in modo da realizzare 
        nel destinatario l’esatta decodifica del messaggio che si presuppone univocamente 
        definito alla fonte. 
        L’impianto del modello presente nel “La teoria matematica della comunicazione” 
        (Etas Libri, 1971) è di stampo chiaramente analitico, trasmissivo, 
        lineare. 
         
        Il modello di Jakobson presente in “Saggi di linguistica generale” 
        ( Feltrinelli, 1966) centra l’attenzione sul codice e soprattutto sul 
        contesto. 
        Nella umana comunicazione, infatti, l’interpretazione dei significati 
        varia in relazione al variare del contesto che in tal modo condiziona 
        i soggetti degli atti comunicativi ma , al tempo stesso, viene modificato 
        dalle sempre possibili nuove interazioni proprie della effettiva comunicazione. 
        L’ambiente o contesto comunicativo, pertanto, non può essere considerato 
        elemento oggettivo o indipendente dall’effettiva comunicazione; al contrario 
        è proprio la possibilità di costruire insieme un nuovo significato 
        contestuale che dona senso alla vera comunicazione facendo nascere significati 
        imprevisti e ‘giochi linguistici’. 
        Perché ciò possa avvenire deve essere consentita la possibilità metacomunicativa 
        che, in determinate situazioni, rompe quegli schemi costituiti da ruoli 
        fissi o regole rigide che nella loro ripetizione stereotipata possono 
        determinare un blocco comunicativo. 
        In assenza di questa possibilità creativa “la vita sarebbe uno scambio 
        senza fine di messaggi stilizzati, un gioco con regole rigide e senza 
        la consolazione del cambiamento e dell’umorismo” (G. Bateson, Verso 
        un’ecologia della mente, Adelphi, 1976). 
         
        “Se ognuno al mondo sapesse distinguere il trasmettere dal comunicare, 
        il mondo sarebbe diverso. 
        … Occorre il coraggio, non solo intellettuale, di chiamare comunicazione 
        soltanto il sistema in cui ogni partecipante coinforma e corrisponde. 
        Nel sistema ora dominante, chi sceglie? Chi trasmette? Chi informa?Se 
        non cresce la creatività di ognuno, individuo e gruppo, quasi per gravità 
        tende ad imporsi chi ha più potere cercando accumulare altro potere, anche 
        il potere altrui.” ( D. Dolci, Dal trasmettere al comunicare, 
        Sonda,1988) 
         
        Ne consegue che lo sviluppo della tecnologia che favorisce sempre più 
        le possibilità di connessione ed interazione non comporta automaticamente 
        lo sviluppo della comunicazione. 
        Questa dipende piuttosto dalla consapevolezza e dalla capacità degli utenti 
        dei ‘media’ di non lasciarsi relegare nel ruolo di passivi destinatari 
        (consumatori , clienti) di un “servizio” , ma di divenire attori capaci 
        di modificare il senso ed il contesto delle proprie interazioni. 
        Dovrebbe essere evidente che questa coscienza critica e questa capacità 
        di intervento contestuale che apre le porte della effettiva comunicazione 
        non verranno favorite se , pur parlando di comunicazione o di nuove TIC 
        ( Tecnologie dell’Informazione e Comunicazione), manteniamo una modalità 
        di tipo trasmissivo che ha già predefinito gli obiettivi di apprendimento 
        parcellizzato, la rigida divisione di ruoli ed il contesto interattivo 
        puramente strumentale alle abilità da conseguire. 
        Vedi, ad esempio, il recente Piano nazionale di formazione sulle competenze 
        informatiche e tecnologiche del personale della scuola che, anche nei 
        moduli previsti per i “referenti per l’uso delle risorse tecnologiche 
        e multimediali nella didattica” , cioè rivolti a docenti definiti di livello 
        3 in quanto già “esperti nell’uso didattico degli strumenti tecnologici”, 
        prevede una modalità chiaramente trasmissiva, analiticamente divisa in 
        Area dei contenuti –Argomento- Obiettivo con scopo, in ciascun modulo, 
        “Far comprendere…” ( 3 ) 
         
        Piuttosto che porre il problema della comunicazione entro i piani più 
        specifici dell’informazione e della didattica conviene invertire i termini 
        e porre le questioni didattiche, come quelle dell’informazione, entro 
        la più vasta cornice della comunicazione. 
        La centralità della comunicazione viene in tal modo esaltata non solo 
        rispetto a obiettivi e metodi propri dell’azione didattica, ma più in 
        generale rispetto al significato del ruolo del docente, all’organizzazione 
        parcellizzata del lavoro scolastico, agli spazi, ai tempi, ai rapporti 
        umani, al senso più generale che circonda il ‘fare scuola’. 
        La didattica – come l’informazione- è una forma circoscritta delle 
        più ampie dimensioni della comunicazione. 
        Se questo orizzonte di riferimento va perduto ci si trova spostati dalla 
        complessità delle dimensioni comunicative alla linearità 
        della trasmissione. La predeterminazione delle sequenze interattive - 
        poco importa se più o meno flessibili – e/o dell’esito comunicativo appiattisce 
        la comunicazione sul piano della semplice trasmissione. 
        Viceversa il riferimento ad un orizzonte aperto non predeterminabile a 
        priori od in modo univoco, consente di rendere lo studente protagonista 
        di una ricerca entro cui inserire proficuamente lo studio delle necessarie 
        informazioni e le relative operazioni didattiche. 
        E’ questo processo comunicativo fatto di ricerca e condivisione che consente 
        di individuare, sulla base di un comune interesse, le ‘trappole della 
        comunicazione’ e far nascere, nel rumore prodotto dai tanti messaggi, 
        lieve come un sospiro, l’intesa comune. 
         
        Nota finale 
         
        Sul tema “Informazione e Comunicazione in Rete” ho realizzato, 
        nei due anni passati, una sperimentazione che ha coinvolto più classi 
        e diversi docenti. Il rapporto e la distinzione tra informazione e comunicazione 
        sono stati non solo tema centrale della ricerca, ma anche metodo processuale 
        di scambio e costruzione di conoscenze e , al tempo stesso, contesto di 
        condivisione di esperienze e lavori liberamente scelti dai gruppi di studenti 
        all’interno dell’orizzonte di ricerca. 
        I risultati dei lavori relativi al primo anno sono qui 
        ;mentre quelli del secondo anno sono divisi in due diversi siti riferiti 
        alle terze classi e alle quarte 
        . 
        Dell’esperienza, per me significativa e di grande interesse, riporto, 
        in conclusione. questa considerazione: 
        Ho notato che i due differenti modelli sulla comunicazione di Shannon 
        - Weaver e di Jakobson , per quanto più volte studiati e apparentemente 
        ben compresi dagli studenti, tendevano invariabilmente a perdersi nella 
        loro distinzione con appiattimento del secondo modello entro il primo 
        che riduce la complessità della comunicazione alla linearità dell’informazione. 
        E’ come se un’ influenza “culturale” presente nelle parole, nei modi di 
        dire, nella corrente dominante del pensiero, nelle pratiche correnti, 
        tendesse continuamente a riportarci verso modalità tele-visive 
        e formate-a- distanza di intendere comunicazione e formazione. 
        Eppure, per quanto difficile e contro tendenza, la strada da percorrere 
        va costruita insieme se vogliamo studenti e docenti artefici della propria 
        formazione, cittadini capaci di smontare le reti che ci circondano e comunicare 
        in rete. 
      
      
     |