Ma quali sono le scuole materne ed elementari che sperimentano?

di Giancarlo Cerini


Si compone, finalmente, il quadro (per ora ufficioso) delle scuole dell'infanzia ed elementari che sono state inserite nel piano nazionale di sperimentazione sui nuovi ordinamenti, avviato con il DM n. 100 del 18-9-2002.

Si tratta di circa 250 istituzioni scolastiche distribuite in tutte le regioni italiane (ad eccezione della Valle d'Aosta e del Trentino-Alto Adige, che ormai fanno storia "scolastica" a sé), con una presenza più accentuata delle scuole non statali "paritarie" rispetto a quanto era stato preventivato in fase di dosaggio iniziale del campione sperimentale (da 1 a 10 si è passati al rapporto 3 a 10).

La stessa ubicazione geografica delle scuole, la loro consistenza e rappresentatività (in prevalenza collocate nei piccoli centri rispetto alle grandi e medie città) è un ulteriore segnale di cui i decisori politici (che
hanno fortemente voluto la sperimentazione) dovranno tener conto all'atto di stilare un primo bilancio dell'iniziativa. Certamente, i tempo "concitati" della sperimentazione (a ridosso dell'inizio dell'anno scolastico) non hanno favorito una consapevole e piena comprensione delle novità del progetto.

D’altra parte, le indicazioni curricolari e le ipotesi organizzative, ispirate dalla fervida penna del prof. Giuseppe Bertagna, hanno subito nel corso di questi mesi notevoli rimaneggiamenti per approdare ad una ultima stesura, per ora datata 6 novembre 2002 (cfr. la versione definitiva dei documenti, con i relativi commenti, nel volume "Come cambia la scuola primaria. Tesi a confronto" edito da Tecnodid nel novembre 2002).

Nonostante questi limiti iniziali la sperimentazione potrà offrire utili elementi di chiarimento per il futuro della scuola dell'infanzia ed elementare, a patto di saper cogliere le esigenze e le domande che emergono dalla storia antica e recente di queste scuole, e affrontando con molta cautela temi controversi e delicati quali l'anticipo dell'età di accesso alla scuola primaria (e materna), o la diversa configurazione della pluralità docente (con l'ipotesi del docente coordinatore e tutor).


Su altre questioni più squisitamente pedagogiche o didattiche, come i piani personalizzati di studio, l'idea di tempo scuola e laboratorio, il port-folio, l'articolazione verticale del curricolo di base, l'espansione della lingua inglese e delle nuove tecnologie, l'atteggiamento della scuola è senz'altro di maggiore disponibilità e apertura, perché si tratta di temi che trovano i loro antecedenti e le possibili risposte nel fervore innovativo degli ultimi dieci anni di riforme (si pensi, ad esempio, alla vasta presenza nel nostro paese degli istituti comprensivi di scuola materna, elementare e media).


Le scuole sperimentali, che rappresentano circa il 3 % dell'intero quadro delle scuole di base, dovranno ora essere messe nelle condizioni di esprimersi al meglio delle loro possibilità di elaborazione e di iniziativa (ed in tal senso hanno ricevuto alcune risorse aggiuntive per la ricerca e la formazione, con la C.M n. 119 del 31-10-2002 e la nota n. 4978 del 15-11-2002). Ma anche le scuole apparentemente non sperimentali sono invitate a portare tutto il peso della loro tradizione innovativa e della capacità progettuale in questa fase di trasformazione della scuola italiana, avvalendosi in piena libertà (quanto a metodi, strumenti e contenuti) dell'autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo riconosciuta ad esse dall'art. 6 del Regolamento dell'autonomia (Dpr 275/99).

Allegato

Elenco delle scuole che attuano la sperimentazione