PERCEZIONE | 
  
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   P E R C E Z I O N E 
 
 
   B)   
  L'esperienza percettiva è data dall'elaborazione soggettiva
  (sulla base di interessi, abitudini, ecc.) dei dati offerti dagli organi di
  senso. Tale elaborazione acquista la sua validità oggettiva se trova conferme
  nelle sperimentazioni scientifiche.  ·      
  Facciamo un es.: con l'esperienza
  A) possiamo apprendere, mangiandoli, che certi funghi sono velenosi e altri
  no; con l'esperienza B), sulla base di A), possiamo operare, già al momento
  della raccolta, una selezione.  1.    
  Le sensazioni, perché si trasformino in percezioni, devono essere
  integrate con dati mnemonici di passate esperienze (ad es. il dolore per aver
  mangiato funghi velenosi), sulla base di interessi predominanti (ad es. voler
  continuare a mangiare funghi), in vista di un'azione da compiere (ad es. una
  raccolta sicura di funghi mangerecci). 2.    
  Tuttavia, siccome è impossibile distinguere il momento esatto in cui
  si vivono le esperienze A) e B), in quanto il soggetto, nel mentre
  "sente" può servirsi delle "percezioni altrui" (per cui,
  ad es., non ha bisogno di "provare" personalmente quali funghi sono
  velenosi e quali no), la psicologica contemporanea tende a parlare soltanto di
  percezioni, inglobando in queste anche le sensazioni. 3.    
  L'altro motivo per cui essa parla soltanto di percezioni è che,
  siccome s'intende per soggetto, generalmente, un individuo consapevole di sé,
  si dà per scontato che in lui vi siano esperienze psichiche già in grado di
  influenzare le sue sensazioni (per cui, ad es., se si cercano funghi
  mangerecci è perché già si sa che sono gustosi).     1.    
  La nostra percezione dello spazio è tridimensionale (lunghezza,
  altezza e profondità). Essa è dovuta allo schema rappresentativo esatto che
  ci siamo fatti dello spazio occupato dalla nostra persona: questo spazio è il
  punto costante di riferimento tra noi e gli oggetti circostanti. 2.    
  Un oggetto viene percepito nello spazio in quanto ha una posizione
  nell'ambiente, ed è orientato verso una direzione rispetto a noi e rispetto
  ad altri oggetti (destra/sinistra, avanti/indietro, alto/basso). L'oggetto cioè
  si trova ad una certa distanza e ha una certa forma (inoltre può avere un
  certo movimento, colore ecc.). Percepire lo spazio significa dunque percepire
  i caratteri geometrici delle cose. 3.    
  Tuttavia, gli stimoli luminosi producono sulla retina delle immagini
  bidimensionali, per cui ci si chiede: la percezione tridimensionale dello
  spazio è una disposizione innata o l'acquisizione di un'esperienza? 4.    
  Nel tentativo di risolvere il problema (che per certi aspetti resta
  ancora aperto) si è detto che lo stimolo offerto dalla percezione
  dell'oggetto presenterebbe delle caratteristiche che ci consentono di
  collocarlo alla distanza appropriata, sulla base della nostra passata
  esperienza. Qui si possono offrire alcuni esempi a sostegno di questa tesi.   ·      
  Grandezza familiare:
  la grandezza di un oggetto, che appartiene ad una classe di oggetti che ci
  sono familiari, fornisce, sulla base dell'esperienza passata, un indice della
  sua distanza (ad es., se vediamo da lontano un'auto, la percepiamo non come
  un'auto in miniatura o più piccola del normale, ma come un'auto normale
  "a distanza"). ·      
  Interposizione:
  se l'immagine di un oggetto copre parzialmente l'immagine di un altro oggetto,
  il primo viene percepito come più vicino del secondo. ·      
  Prospettiva lineare:
  l'esperienza ci fa percepire come più distanti gli oggetti il cui angolo
  visivo è più piccolo (ad es. in un viale gli ultimi alberi rispetto ai
  primi). ·      
  Prospettiva aerea:
  un oggetto, la cui superficie non viene percepita con precisione di dettagli,
  viene collocato a una distanza maggiore. ·      
  Luce, ombra e colore:
  una diversa intensità luminosa degli oggetti ci fornisce degli indici di
  distanza.     1.    
  L'unico tempo che riusciamo realmente a percepire è il presente. Il
  passato -affidato alla memoria- e il futuro -affidato all'immaginazione-, sono
  rappresentazioni derivate per analogia e sempre in connessione col presente
  (ad es. è impossibile immaginarsi un futuro completamente diverso dal
  presente, così come è impossibile raffigurarsi il passato in maniera
  fedele). 2.     
  La percezione del tempo varia a seconda dell'età e dell'esperienza. Ad 
  es. nel 6o anno di vita il bambino è in grado di distinguere la "mattina" 
  dalla "sera", nel 7o anno "ieri" da "domani", 
  nell'8o sa precisare l'idea di "stagione", nel 10o 
  ha coscienza che esiste una inevitabile e irreversibile successione degli avvenimenti 
  (nel senso cioè che il passato è "passato" per sempre). 3.    
  L'età influisce sulla percezione in questo senso, che per un
  adolescente il tempo scorre troppo lento (poiché egli vuole raggiungere in
  fretta l'autonomia garantita dalla maturità), mentre per l'adulto il tempo
  scorre troppo in fretta (poiché ha la percezione che la sua vita sta per
  finire). 4.    
  Questo ci fa altresì capire che la coscienza del tempo vissuto può
  anche essere in contrasto con la misura oggettiva del tempo (orologio o
  calendario): tono affettivo, emotività ecc. ci fanno sembrare lungo o breve
  il tempo trascorso (ad es. la noia lo allunga, il piacere lo accorcia).   II     I)
  La nostra esperienza quotidiana ci insegna che non percepiamo dei singoli
  stimoli (dalla cui somma giungiamo a "ricostruire" gli oggetti), ma
  vediamo immediatamente gli oggetti nella loro unitarietà-totalità-significatività-permanenza
  (ad es. percepiamo subito che un libro è un libro prima ancora d'averlo
  aperto e sfogliato), e li vediamo come "distinti" dagli altri
  oggetti circostanti (ad es. una matita appoggiata sul foglio la vediamo
  distinta dal foglio).   II)
  I fatti però dimostrano che non sempre il mondo fisico degli oggetti coincide
  esattamente con quello che noi riusciamo a percepire (mondo fenomenico). Un
  fenomeno può essere percepito senza esserci fisicamente o, al contrario, pur
  essendoci, noi non riusciamo a vederlo, o addirittura riusciamo a vedere una
  cosa diversa da quella che veramente c'è (vedi ad es. il mimetismo bellico,
  le illusioni ottiche, geometriche, i miraggi ecc.). Spesso i sensi ci
  ingannano e solo coll'esperienza riusciamo a cogliere la vera realtà.   III)
  Le illusioni sono di origine interna, psichica, soggettiva. Se immergiamo un
  cucchiaino in un bicchier d'acqua ci sembra spezzato, benché la sensazione
  visiva trasmetta alla retina solo una deviazione. A volte l'illusione è
  dovuta allo stato emotivo (ad es. se siamo soli e abbiamo paura, ogni minimo
  rumore ci sembrerà sospetto).   IV)
  Questo cosa ci fa capire? Che la percezione non ci fornisce una copia
  fotografica della realtà esterna, ma è una funzione psichica che elabora i
  dati forniti dai ricettori sensoriali, subordinando le singole sensazioni al
  tutto, per cui i particolari acquistano un aspetto diverso a seconda del tutto
  al quale appartengono. La percezione dell'insieme precede sempre quella delle
  singole parti. Ovvero il modo più comune di percepire un oggetto è quello
  della percezione globale o sincretica. L'analisi dei nessi logici interviene
  in un secondo momento, ed è questa che permette veramente di possedere un
  oggetto. Alla fine la sintesi ricompone i dati dell'analisi nel tutto.   V)
  Alcuni esempi. Se un ragazzo a scuola ruba di frequente, si può pensare che
  provenga da un ambiente economicamente povero, ma se si scopre che è di
  condizione agiata, allora le cause dei suoi furti vanno cercate nella sfera
  psicologica. Entrando in una scuola è cosa normalissima trovare nelle aule
  dei quaderni coi fogli bianchi, ma per chi ha una coscienza ecologica sarebbe
  molto più naturale che vi fossero dei quaderni fatti con carta riciclata.    VI)
  In ogni totalità che percepiamo possiamo sempre distinguere la parte che
  risalta (la figura che ha una forma nitida) da quella che resta (informe,
  indifferenziata) nello sfondo (ad es. la classica figura di Rubin: un vaso e
  due profili umani). Il contorno appartiene alla figura che delimita e non allo
  sfondo; la figura (che è più vicina) ha un'estensione definita, lo sfondo
  (che è lontano) si estende senza limiti; la figura attira di più, si ricorda
  meglio, e ha un colore di superficie; tutti gli elementi di una figura hanno
  qualcosa in comune tra loro e di diverso dallo sfondo, e viceversa.     VII)
  La costanza percettiva è la tendenza della percezione a conservare
  caratteristiche costanti nel tempo e nello spazio, entro certi limiti, pur al
  variare oggettivo delle situazioni di stimolazione (ad es. il nostro corpo
  mantiene una temperatura superiore di poco ai 36o pur al variare
  delle condizioni climatiche). La cosa fa problema perché mentre prima
  dicevamo che la corrispondenza tra oggetto fisico e oggetto fenomenico non è
  sempre possibile, in quanto possiamo cadere nell'illusione, ora invece
  dobbiamo sostenere che può esistere una corrispondenza anche se la
  stimolazione varia notevolmente.   VIII)
  La costanza percettiva ci permette di prendere sempre delle decisioni basate
  sulle "reali" caratteristiche degli oggetti e dell'ambiente,
  nonostante le eventuali variazioni con cui gli oggetti si possono manifestare
  (stimolando i nostri sensi). In altre parole, i fenomeni di costanza ci
  consentono di cogliere e riconoscere gli oggetti nelle più svariate e
  sfavorevoli condizioni di presentazione (ad es. di luminosità).   IX)
  Le costanze possono essere di grandezza, forma, colore (o cromatica) e
  chiarezza.   ·      
  Grandezza: una persona alta 1,70
  m., che si trovi a 2 m. o a 10 m., appare conservare la propria grandezza,
  nonostante che le dimensioni della sua immagine nella retina cambino
  notevolmente. ·      
  Forma: se osserviamo un disco
  posto in posizione inclinata, esso ci apparirà ancora come un cerchio,
  nonostante che l'immagine proiettata sulla retina sia un'ellisse. ·      
  Colore: se osserviamo un oggetto
  bianco con un'illuminazione rossa, l'oggetto viene sempre percepito di colore
  bianco. · Chiarezza: se noi osserviamo un pezzo di carta nera alla luce diurna di una finestra, possiamo costatare ch'esso appare costantemente nero, malgrado che la quantità di luce riflessa dalla sua superficie vari in misura considerevole. 
 
 Alberto Amitrani, Raffaella Di Marzio "UN COMPUTER PER AMICO
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