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Seminario di formazione regionale: riflessioni a margine


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Ci sono forze nuove! E' una bellissima sensazione!


Le lezioni sono finite


Riflessioni a margine


 

Il 3 e il 4 maggio 2006, a Rimini, si è tenuto il Seminario regionale di formazione "Gruppi di ricerca" sulle innovazioni curricolari e di orientamento.
Le parole chiave trasversali su cui i gruppi si sono confrontati sono state: apprendimento, saperi, relazione, standards, progettazione e valutazione, competenze.

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Vorrei iniziare dalla fine del convegno, e precisamente da una parola di Giancarlo Cerini nel momento in cui ha fatto la sintesi terminale dei lavori: "tenerezza".

Di solito non si parla di tenerezza in un convegno, ma giusta sintesi delle attività è stata questa parola, a cui, come maestra, ho tenuto e tengo... Tenerezza per i giovani esseri umani con cui ci troviamo a lavorare.

Cosa significa impostare l' azione educativa con "tenerezza"?

Le risposte, tante e articolate, sono state date dagli appassionati interventi dei relatori delle due giornate, ma anche dai contributi di docenti e dirigenti, negli spazi del dibattito e dei workshop intorno alle parole chiave, i quali hanno completato l'impresa di parlare di scuola in un momento tanto delicato di passaggio fra una legislatura e l'altra.

Il dizionario scolastico è sempre colmo degli stessi vocaboli più o meno nuovi, più o meno abusati, ma questa volta le parole si sono fatte dense di senso.e non è poca cosa!

Con estrema soddisfazione ho ascoltato riaprire la riflessione sul significato del fare scuola, sulla didattica, sulle strategie concrete di intervento per far fronte alla dispersione, alle richieste dei tempi, a quelle di ragazze e ragazzi. Ne ho sentito parlare con realismo, ma anche con una "passione" priva di frasi fatte e di citazioni dotte, anche se, o forse proprio perché, i relatori erano di alto profilo pedagogico.

Si è tornati ad affermare alcuni valori: a) la ricerca all'interno di ogni scuola, b) l'importanza di dare dignità professionale e didattica ai docenti, c) l'importanza dello scambio delle esperienze fra insegnanti, d) il curricolo elaborato dalla scuola stessa, seppure all'interno di una cornice nazionale, e) la necessità di riaprire una discussione sull'ambito valutativo e quella di dare una concreta autonomia didattica alle scuole e alle classi senza dimenticare l'esigenza di tutto il territorio nazionale di livelli standard per accedere al mondo del lavoro con certificazioni che non siano prive di significato.

Si è dato nuovo respiro alla parola "competenza" inglobando in essa quella di "conoscenza"per farne qualcosa di trasferibile in contesti molto più ampi che non siano soltanto quelli del territorio locale e del suo "mercato" .

Si è parlato dell'esigenza di mettere in situazione di conoscenza reciproca i vari ordini di scuola affinché finalmente uno sia in relazione di continuità con l'altro senza nulla togliere a un'ovvia e opportuna discontinuità nell'approccio alle discipline .

Non si è persa di vista la necessità di mettere al centro il soggetto nell'atto dell'apprendere; tuttavia si è insistito anche sull'assoluta esigenza di porlo in situazione cooperativa con la classe, affinché singolo e comunità possano interagire: a) per accrescere le opportunità cognitive di entrambi i termini del rapporto; b) per l'integrazione affettiva ed emotiva; c) per far emergere le potenzialità di ognuno; d) per rendere esplicite quelle che rimarrebbero confinate nel mondo implicito del singolo, da solo, chiuso in un orientamento precoce ad persona, privo di quegli stimoli lontani dal proprio vissuto.

Nella relazione di Nerino Arcangeli , IRRE Emilia Romagna, ecco che la parola scuola è tornata ad essere sinonimo di comunità di apprendimento finalizzata alle conoscenze e alle competenze, a sviluppare capacità esistenziali, relazionali, progettuali, alla tensione verso la qualità della vita di ognuno, con insegnanti mediatori e stimolatori che usino la mente, ma anche il cuore, per ottenere insegnamenti efficaci.

La scuola vive nella quotidianità e per questo è estremamente necessario ridare dignità al vissuto di ogni giorno che vi si trascorre lavorando, e per questo bisogna eliminare il rischio che ricerca e pratica restino separate.

La didattica è metodologia della ricerca, crocevia di più dispositivi investigativi: sperimentali, clinici, empirici, di ricerca-azione .

La conoscenza va condivisa in classe in un attivo processo di costruzione di significati, in un ambiente cooperativo per la crescita individuale e di gruppo.

L'insegnante dovrebbe farsi leader più che manager; una persona entusiasta, che veda la sacralità dei suoi studenti e crei un clima in cui regnino sensazioni di soddisfazione e cura reciproca in una didattica del benessere, del piacere di realizzare quello che si sta facendo. Una persona che sappia creare fra i colleghi una leadership diffusa senza rimanere chiusa nella propria classe, con il sostegno di una dirigenza illuminata e determinante nel promuovere un clima positivo, nel valorizzare le professionalità.

Inoltre è essenziale che un Collegio sappia investire la maggior parte dei fondi in ricerca e innovazione didattica.

Giancarlo Cerini, Dirigente Tecnico USR Emilia Romagna, ha poi rilevato come sia obbligo della ricerca farsi carico di approfondimento e innovazione in un momento in cui la scuola italiana presenta un alto tasso di dispersione; ha esplicitamente fatto cenno al fatto che la ricerca deve essere autonoma dai poteri.

Ha posto l'accento sul carattere troppo statico della nostra scuola, perché essa ha perso il ruolo centrale per il riscatto sociale degli studenti, quindi ha auspicato un maggiore dinamismo di ricerca in una maggiore autonomia, che deve smettere di essere competizione fra le scuole, ma farsi scambio di buone pratiche.

Non ci deve essere timore degli "oggetti" rilevanti della Riforma, portfolio, personalizzazione, funzioni tutoriali, ecc.: anzi, i problemi nascono se non li si indaga pedagogicamente e se li si incamera perché ricevuti dall'alto.

E' comunque essenziale oggi interrogarsi di nuovo sul significato di apprendimento, dell'intreccio fra saperi e apprendimento e sulla loro natura, proprio perché oggi è estremamente difficile avere l' attenzione dei ragazzi. Nella scuola c'è sempre il peso della quantità: lo si evince anche dai libri di testo. Oggi invece è sempre più essenziale costruire mappe e reti che conducano alla profondità di un argomento. Emerge sempre più una domanda di senso educativo che attivi le abilità per la vita: autonomia, capacità di interagire, di condurre uno stile di esistenza civile che non si rifaccia, però, a un'etica imposta dalle Gazzette Ufficiali.

Cerini ricorda che oggi si parla di patologia dell'anima intravedibile nella riduzione del lessico e delle emozioni, quindi sempre più la classe deve farsi spazio di relazioni, di ragionamento, di una sapiente regia dei docenti. La scuola spesso sembra non farcela, ma Cerini ne vede la forza quando osserva classi di bambini che si appassionano nella fruizione di musei o altri "oggetti" culturali, e che si danno la mano interagendo fra di loro senza badare alla provenienza etnica del compagno: bambini che si sono incontrati per caso, entusiasti, con il piacere di stare assieme, un piacere che deve trasformarsi nel piacere di apprendere.

Cerini auspica che i 17 gruppi di ricerca presenti possano diventare una specie di commissione decentrata che dia voce alla scuola reale presso i decisori politici.

Carlo Petracca, LUMSA Roma, Dirigente Tecnico USR Abruzzo, ha affrontato il tema degli obiettivi formativi e delle unità di apprendimento individuandone i nodi concettuali ricordando all'uditorio che una riforma non si applica, bensì si costruisce senza ignorare il preesistente. La ricerca vuole un "nuovo", ma non esiste un Nuovo astorico; un'attività di ricerca deve prendere l'avvio dalle norme interrogandosi però su ciò che istituzionalmente ci è dato per poi "costruire".

Ha poi ripreso il termine programmazione rafforzandone il merito soltanto nel caso in cui essa si occupi dell'innalzamento della qualità dell'insegnamento scongiurando i rischi di una iper regolamentazione, ricordando che l'apprendimento è sempre contestuale e induce alla necessità di rendersi conto di ciò che si deve o meno salvare di un percorso.

Si è soffermato sulle parole della Riforma scandagliandone le contraddizioni e ha posto la sua attenzione sulla questione degli standards di apprendimento: vero è che lo standard deve tener conto del soggetto, ma la persona non è un'isola. Infatti essa riunisce i termini di inseità e perseità, e, con Calonghi, egli concorda quando ricorda che il fine personale di ognuno non va dimenticato, ma la maturità sociale è implicita e inseparabile da quella personale. Infatti lo standard adeguato al soggetto comporta il rischio di abbassamento delle richieste, oppure può portare a un innalzamento esagerato delle attese con predestinazione all'insuccesso in ambedue i casi. La scuola deve prestare molta cura a ciò che fa nella consapevolezza che essa può far fallire o far riuscire. Inoltre gli standards, intesi come risposta al singolo soggetto, hanno scarsa leggibilità sociale e le valutazioni hanno scarsa valenza giuridica, mentre dovrebbero essere intese come lettura dei risultati del singolo in rapporto alla classe di riferimento, al gruppo. In ogni modo è necessario, invece, riconoscere da quale soglia un alunno ha bisogno di un aiuto particolare, o eventualmente potrebbe trarre vantaggio dalla modificazione dell'orientamento dei propri studi.

Certo, gli obiettivi specifici di apprendimento dovrebbero essere decisi dall'alto con standards come soglia irrinunciabile, invece le competenze disciplinari attese dovrebbero essere verificate soltanto dai docenti a contatto con gli studenti nel contesto in cui operano. A livello nazionale potrebbero essere decise le competenze disciplinari, trasversali, professionali- attitudinali del curricolo? La risposta va ancora ricercata. Comunque Petracca propone un traguardo comune sociale sulla base di quello che gli alunni possono realisticamente apprendere per mezzo di un curricolo nazionale con sintassi delle discipline, ma anche procedure e percorsi.

Pietro Boscolo , Università degli Studi di Padova, ha relazionato sul tema dell'apprendimento rivalutando la sua caratteristica di conflitto che sviluppa cambiamenti concettuali, che non è soltanto accrescere e aggiungere, bensì apprendistato nel quale l'alunno sa della possibilità dei suoi errori, ma non li teme così come l' apprendista di bottega. L'apprendimento come apprendistato non è incremento, bensì conquista di competenze sociali attraverso il sociale, quindi nel rapporto con gli altri, che insegnano e apprendono essi stessi nel contesto scuola. L'apprendimento è motivato anche quando l'alunno sembra non volere apprendere. Boscolo ha parlato di apprendimento come conoscenza, motivazione, autoregolazione; apprendimento che sa chiedere aiuto, che sa di essere rivolto ad altri nel suo obiettivo finale di competenze che implichino una visione globale dell'insieme di conoscenze (concetti, idee, informazioni), abilità (memorizzazione, metacognizione, soluzione dei problemi, etc.) e aspetti affettivo- motivazionali dell'apprendimento in un settore del sapere e non necessariamente di una disciplina. In altre parole, se ci si chiede che cosa significhi una competenza in matematica, la risposta dovrebbe essere non un elenco, bensì un profilo, sapendo che ciò che conta è costruire un atteggiamento positivo verso una disciplina nella consapevolezza che apprendimento è continuità (con ciò che si sa), discontinuità (dal pregiudizio), integrazione (con quello che già si sa), flessibilità (lo sforzo di applicare in altri contesti ciò che si sa), significato, consapevolezza.

L'apprendimento è sicuramente da conseguire in un contesto cooperativo in cui l'insegnante funge comunque da sostegno ineludibile. Un apprendimento motivato è acquisizione ed elaborazione di conoscenze relative a una disciplina che implicano variabili motivazionali oltre a quelle cognitive tradizionali: il coinvolgimento dello studente nel compito (interesse, motivazione estrinseca, orientamento di padronanza percezione di utilità), la sua valutazione delle proprie abilità nella materia (concetto di sé, senso di efficacia), l'uso di strategie cognitive, metacognitive e affettivo-motivazionali di autoregolazione (la consapevolezza del soggetto di quali strumenti ha per raggiungere l'obiettivo).

Lucio Guasti, Università Cattolica di Milano- sede di Piacenza, è stato presentato da Gabriele Boselli, Dirigente Tecnico Regione Emilia Romagna USR, il quale ha fatto un excursus sulle parole chiave della pedagogia di impronta fenomenologica: curricolo come percorso in cui importante è l'andare, formazione come lasciare che ogni soggetto prenda la forma che già è in lui evitando la formazione come preparazione alla professione che diventerebbe plagio, persona come idea fuori della programmazione, persona come possibilità infinita.

Guasti rispondendo a Boselli ha iniziato la sua relazione con una riflessione sulla situazione attuale in cui non esiste una filosofia di riferimento. Anzi, la scuola non dovrebbe mai dipendere da una filosofia, in quanto il concetto di persona andrebbe ridefinito in base alle correnti ideologiche, mentre abbiamo bisogno di una "giustizia giusta" che si ponga da un punto di vista pluralistico in cui convivono più modelli, in quanto oggi è estremamente difficile che la convivenza sociale abbia un unico punto di riferimento. Il lessico pedagogico delle riforme invece solitamente indica a quale corrente prevalente ci si riferisce inducendo a rilevare vittorie terminologiche. Il concetto di persona però è diverso se kantiano, idealistico, fenomenologico. Anche il concetto di educazione oggi ha perso un'unica valenza, infatti ci troviamo di fronte a svariate interpretazioni: musulmana, cattolica, protestante, laica, orientale.Anche per questo forse oggi si parla di scienze della formazione e non dell'educazione.

Inoltre rapportare oggi il quantitativo con il qualitativo è estremamente complicato insieme con la necessità di tener conto della pluralità: culture a confronto, atteggiamenti diversi, modi di porsi di fronte all'esistenza differenti.

Guasti evidenzia come oggi, diversamente da un tempo, il conoscere sia agire, ma rileva quanto è importante che qualità sia anche contenuto, che la didattica e il suo ruolo vadano recuperati dando ai docenti la piena responsabilità professionale di ciò nella consapevolezza che non esiste un unico modello di apprendimento con un'unica soluzione ai problemi. Auspicabile è il recupero della didassi, l'attivazione della ricerca nelle scuole al loro interno in una piena autonomia del sistema formativo: la sussistenza della persona è la sua capacità di autonomia e così è anche per la scuola. La piramide deve essere capovolta così come gli standards: è la produzione didattica che fa la differenza qualitativa non il programma nazionale. La responsabilità di costruire il consenso dipende dagli operatori, non dal centro. La scuola si trova invece spesso a parlare dei termini delle riforme, ma questa non è ricerca: si dovrebbe tornare invece alla praticabilità quotidiana, al depotenziamento della valutazione in rapporto a un maggior peso del curricolo che parta dalla base pur ripensandolo in relazione alle richieste del paesaggio culturale della società, in cui gli standards ubbidiscano a un'idea progressiva con contenuti organizzati per gradi, selezionati, partendo dalle scuole che ne studino l'effettiva praticabilità, tenendo conto della realtà. Comunque occorre applicare il principio della pluralità delle metodologie di insegnamento-apprendimento in modo che il sistema si arricchisca, anche perché è difficile la trasferibilità di un unico modo in contesti diversi.

Giulia Antonelli, Dirigente Regione Emilia Romagna, Ass.to Scuola e f.p., ha illustrato l'intensa attività della regione Emilia Romagna rivolta all' integrazione per mezzo dell' introduzione del "credito", termine che la Regione ha imposto all' U.E.. Infatti Lisbona impone degli obiettivi da raggiungere, "credito" è invece il riconoscere alla persona giovane la capacità di ottenere uno scambio sia nell' ambiente formativo sia nella società che deve poi riconoscere di avere un debito con quella persona in possesso di una certificazione dopo la sua formazione.. I sistemi hanno il dovere di recepire questa persona formata e competente e anche di garantirle eventualmente il proseguimento negli studi. Le persone devono poter avere il riconoscimento certificato di competenze e conoscenze ad ogni stadio della loro formazione per poter spenderle ovunque.

I Sistemi integrati sono radicati in Emilia Romagna, ma soprattutto servono anche all' Europa. Il "non uno di meno" è stato la forza del sistema integrato emiliano. Molte altre Regioni hanno invece commesso lo sbaglio di strutturare un sistema che pensasse soltanto alle esigenze del territorio per formare falegnami, carpentieri, elettricisti.secondo le esigenze della richiesta. La nostra Regione viceversa ha puntato sui diversi modi di apprendere e ha cercato di mettere in relazione licei, istituti, professionali, assumendo la tesi per la quale nella scuola avviene la contaminazione fra sapere e saper fare. Il biennio, anzi triennio integrato (nella prospettiva di allungare ancora tale opportunità) ha un forte legame con la scuola primaria, nella consapevolezza che è tutto il percorso formativo che incide poi sul successo formativo tanto importante soprattutto per la società. E' essenziale quindi lavorare molto sull' apprendimento, sulle metodologie e sui contenuti disciplinari

Giulia Antonelli ha poi raccontato la sperimentazione di ricerca-azione in atto che vede coinvolte diverse classi del biennio integrato ( anche i Licei hanno partecipato) che vuole indagare sistemi pratici per fare in modo che i ragazzi scelgano con consapevolezza e con strumenti adeguati quale direzione di formazione prendere. Per ora i ragazzi che ne hanno usufruito sono entusiasti e sono i migliori sostenitori dell' esperienza. Il tutto ha comportato molta creatività da parte dei docenti, ai quali è stata lasciata libertà di sperimentare in autonomia e decidere spazi, tempi, strategie, laboratori. La certificazione che poi la Regione rilascerà avrà veramente valore perché attesterà conoscenze, abilità di coloro i quali dovranno fare comunque un percorso. Molto più difficile sarebbe riconvertire ragazzi usciti dal percorso scolastico, anche perché dal 2007 non ci saranno più fondi comunitari, in quanto ormai l' Italia è considerata un Paese non più in via di sviluppo.

La sperimentazione dovrebbe diventare sistema per consentire a tutti i docenti di lavorare in questo modo per dare ai ragazzi la possibilità di farsi interpreti, evitando la pretesa assurda di "sapere tutto"!

Claudia Fanti

10 maggio 2006

 

 


Frammento di scuola


Mariavaleria


Una spesa ben fatta


 


 


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